Vi invito a leggere la presente pagina, non fatevi
scoraggiare dall'uso di termini apparentemente troppo "tecnici". Il
discorso generale è comprensibilissimo ed aiuta molto a capire il
fenomeno.
pummarulella. 8/9/06
Da
http://versilia.toscana.it/simsnr/goldstein.htm
LA NEUROBIOLOGIA DELL'ASSUEFAZIONE ALL'EROINA E
DEL TRATTAMENTO METADONICO
di Avram Goldstein, MD Professor Emeritus of Pharmacology,
Stanford University Chicago, Aprile 1997
Voglio cominciare raccomandandovi la lettura di un libro, un mio
libro, che non e' stato scritto per gli scienziati, ma per le
persone aperte che sono impegnate nel campo delle tossicodipendenze
e del loro trattamento. E' intitolato "ADDICTION: From Biology to
Drug Policy" (WH Freeman, New York, 1994). Inizia col descrivere ciò
che sappiamo su come l'eroina e le altre droghe assuefacenti
influenzano la chimica del cervello. Poi analizza la serie delle
malattie croniche che noi definiamo come "abuso di sostanze" o
"tossicodipendenza" e il loro trattamento, con particolare riguardo
alla tossicodipendenza da eroina. Infine si discute come le
politiche nazionali ed internazionali di controllo sulle droghe
dovrebbero essere scientificamente fondate e considerare l'abuso di
sostanze un problema sanitario di primaria importanza.
LA DIPENDENZA E IL CERVELLO
Ci sono otto famiglie di droghe assuefacenti, che sono diverse per
molti versi, ma simili rispetto ad un fatto: non importa se si
tratti di nicotina, cocaina, alcool o eroina, alcuni soggetti
perdono controllo e diventano "consumatori compulsivi". Il segno
distintivo della tossicodipendenza è l'uso compulsivo. La
tossicodipendenza non è altro che "un modello comportamentale di
utilizzo delle droghe caratterizzato da incoercibile coinvolgimento
nell'uso di una sostanza (uso compulsivo), nell'assicurarsene la
disponibilità, e dall'alta tendenza a ricadere dopo la sottrazione
della stessa" (J. H. Jaffe, 1985).
Negli anni recenti si sono visti grandi progressi nella comprensione
di questo comportamento compulsivo che, come tutti i comportamenti,
è radicato nel cervello. Dunque, la nostra conoscenza sulla
tossicodipendenza ci viene direttamente dalla ricerca di base sul
cervello.
Ogni sostanza assuefacente usata dalla gente viene anche auto
somministrata dai topi e dalle scimmie. Se noi organizziamo un
dispositivo per il quale quando un animale preme una leva gli viene
somministrata un'iniezione endovenosa di
eroina, quell'animale
premerà la leva ripetutamente escludendo altre attività (cibo,
sesso, ecc..), e diventerà tossicodipendente da eroina. Un topo
assuefatto all'eroina non sta ribellandosi contro la società, non e'
vittima di circostanze socio-economiche, non e' un prodotto di una
famiglia disfunzionale, e non e' affatto un criminale. Quel
comportamento del topo e' semplicemente controllato dall'azione
dell'eroina (al momento la morfina nella quale l'eroina si trasforma
nell'organismo) nel suo cervello.
Stiamo ora cominciando a capire perchè un animale da laboratorio (o
una persona) usa queste sostanze. Un fascio di cellule nervose
(neuroni) situate profondamente nel cervello, nel cosiddetto
sentiero mesolimbico dopaminergico, costituisce il sito principale
di azione degli oppiacei come l'eroina, ed anche, in modo
interessante, di tutte le altre sostanze d'abuso. Noi chiamiamo
questo "il sentiero della ricompensa", perchè media i
sentimenti di piacere e di soddisfazione.
Gli oppiacei
agiscono sui neuroni in zone profonde del cervello, facendo
rilasciare dopamina ai neuroni dopaminergici. Questi neuroni
dopaminergici sono costantemente mantenuti sotto controllo da
neuroni inibitori. Gli oppiacei agiscono su questi neuroni inibitori
eliminandoli, consentendo così a quelli dopaminergici di agire
all'impazzata. Inibire l'inibizione equivale a stimolare. Il modo
naturale come questo processo avviene è tramite il rilascio degli
oppioidi endogeni, le endorfine.
Per capire meglio puo' essere utile una analogia. La dopamina, in
quella parte del cervello, può essere definita "il
neurotrasmettitore del piacere"; il suo rilascio dai neuroni provoca
sentimenti di soddisfazione e di euforia. I neuroni dopaminergici
sono tenuti sotto controllo da un altro neurotrasmettitore
rilasciato dai neuroni inibitori. Se i neuroni dopaminergici possono
paragonarsi al pedale dell'acceleratore di una macchina, i neuroni
inibitori sono come quello del freno, che non consente all'auto di
correre troppo. I neuroni endorfinergici controllano i neuroni
inibitori, prevengono una eccessiva azione di frenaggio e tendono a
far correre la macchina a buona velocità. Il risultato finale è
quello di mantenere il mezzo alla giusta andatura. E' un modo
complicato di guidare la macchina, come pure è un sistema
complicato di regolare il cervello in modo preciso. E' così, in
sintesi, che gli oppiacei come l'eroina, mimando le endorfine,
causano un maggiore rilascio di dopamina e causano euforia; ma lo
fanno in modo incontrollato sopraffacendo il sistema naturale di
controllo.
Abbiamo capito la struttura dei recettori mu per gli oppioidi, sui
quali agiscono le endorfine, ed anche, naturalmente, gli oppiacei
come la morfina (dall'eroina), e il metadone. Questi recettori sono
le serrature che vengono aperte dalle chiavi delle endorfine (o
degli oppiacei). Sappiamo esattamente come ognuno delle diverse
centinaia di amino acidi e' posizionato nella proteina del
recettore. Sulla membrana della cellula nervosa si tendono sette
segmenti, avanti e indietro, formando come le doghe di una botte.
Una molecola di una endorfina (o di morfina o di metadone), che
passa da un capillare in un neurone, cade esattamente nella tasca
nel bel mezzo della botte. Quando la chiave molecolare casca nella
serratura, la forma del recettore cambia e un segnale viene spedito
all'interno della cellula. Quel segnale provoca grandi modificazioni
chimiche che rendono quel neurone meno attivo, tanto che rilascia
una quantità minore di neurotrasmettitori. I neuroni che contengono
i recettori mu per gli oppioidi, che vengono attivati dalle
endorfine o dagli oppiacei, sono quelli che tengono i neuroni
dopaminergici sotto controllo, come sopra descritto, e il risultato
finale non e' altro che quello di una stimolazione al rilascio di
una maggiore quantità di dopamina.
I nostri normali sentimenti di soddisfazione, il nostro buon umore,
sono modulati dalla regolazione del rilascio della dopamina da parte
delle endorfine che agiscono sui recettori mu per gli oppioidi, come
descritto. L'eroina viene rapidamente convertita all'interno
dell'organismo in morfina e in 6-acetilmorfina, che agiscono sugli
stessi recettori nel cervello. Il cervello risponde con sensazioni
di euforia, ma la stimolazione della dopamina è eccessiva, assai
maggiore di quella naturale che è esattamente controllata delle
endorfine. Il cervello si adatta a questa mutata condizione. Diventa
meno sensibile alle sostanze oppioidi attraverso vari meccanismi che
non sto a descrivere in questa sede. Ci sono due importanti
conseguenze di questo adattamento. Per prima cosa, c'e' bisogno di
una maggiore quantità di eroina per produrre gli effetti desiderati
di "high"; poi, il sistema e' diventato meno sensibile all'azione
delle endorfine, cosicchè senza eroina, il rilascio della
dopamina è insufficiente e risulta in una sgradevole sensazione che
noi chiamiamo "disforia" e che i tossicodipendenti chiamano "rota".
Così, dopo uso ripetuto di eroina a dosaggi crescenti, il
tossicodipendente è diventato tollerante e dipendente, e se l'eroina
viene improvvisamente discontinuata egli sperimenta una sindrome di
astinenza.
TOSSICODIPENDENZA: DUE DOMANDE CHIAVE
PRIMA DOMANDA CHIAVE: Come
mai alcuni soggetti diventano tossicodipendenti in prima battuta, ed
altri no? Perchè ad alcuni neanche piace l'effetto psicoattivo
delle droghe che danno assuefazione e, quindi, non incominciano mai
ad usarle? Perchè alcuni individui usano tali sostanze con
moderazione e non passano mai ad un uso pesante e all'assuefazione?
Questa estrema variabilità fra le gente riguarda tutte le sostanze
assuefacenti, dalla nicotina all'alcool, dalla cocaina all'eroina.
Non può darsi che ci siano fra la gente alcuni individui il cui
"sentiero della ricompensa" sia in qualche modo deficitario, e che
riescano a sentirsi "normali" soltanto se assumono un oppiaceo, per
esempio, e che scoprono questo fatto quando incontrano l'eroina per
la prima volta?
C'è chi sostiene che diventare tossicodipendenti e' una questione
psicologica e non un problema biologico. Ma per quanto riguarda il
comportamento, ciò che è psicologico e' anche una questione di
cervello. Fino a poco fa non c'erano modi per mappare il cervello
umano vivente; ma ora le tecniche di immagine, come la risonanza
magnetica (MRI) o la tomografia ad emissione di positroni (PET) lo
hanno reso possibile. Così noi stiamo attualmente apprendendo,
attraverso la tecnica delle immagini, quale circuito cerebrale media
quel particolare comportamento.
L'anatomia e la chimica del cervello nella sua totalità sono
all'inizio determinate da un programma nel nostro DNA. Poi,
attraverso le esperienze di vita, sia l'anatomia (la circuitazione
del cervello), che la chimica (i neurotrasmettitori e i loro
recettori) vengono modificate. La maggior parte dei comportamenti
sono determinati sia dalla genetica che dall'ambiente, con
l'alternarsi, in ogni specifico caso, del predominio dell'una o
dell'altro.
Un ricercatore mise insieme per i suoi studi sette paia di gemelli
monozigoti , bambini e bambine di circa quattro anni. In
un'occasione egli li predispose in gruppo per una fotografia, senza
dare loro istruzioni particolari. Tutti noi abbiamo visto coppie di
gemelli identici, e non siamo sorpresi da quanto questi soggetti si
assomigliano fra di loro. Ma nella foto c'è qualcosa di
sorprendente. Non furono date istruzioni ai gemelli su come tenere
le mani, ma osservando attentamente l'immagine, si vede come ciascun
individuo della stessa coppia tiene le mani nello stesso, identico
modo. Qualche gemello stringe la mano destra sulla sinistra, altri
la sinistra sulla destra, altri stringono le mani a pugno chiuso,
altri ancora le lasciano abbandonate sul grembo, e così via. Ma ogni
coppia mostra un identico comportamento anche in questa semplice
questione di postura delle mani.
Un altro ricercatore mise insieme gemelli monozigoti che erano
cresciuti separati, cosi che il comportamento identico non poteva
essere attribuito ad influenze ambientali. E ancora la fotografia
mostrava che gli individui della stessa coppia mantenevano identica
posizione delle mani, delle gambe, della testa, e perfino la stessa
espressione facciale. E queste somiglianze non si riscontrano nei
gemelli dizigoti . Dunque, rispetto a questi comportamenti, la
genetica sembra essere determinante.
Coloro che hanno dubbi sul fatto che la genetica influenza
fortemente il comportamento, farebbero bene a considerare il
comportamento dei cani lavoratori, che sono cresciuti in modo
specifico per certi comportamenti, come riportare, puntare,
attaccare, o tenere insieme il gregge. Nella nostra famiglia c'è un
pastore australiano che non ha mai visto una pecora in vita sua e
che è stato separato dalla madre prima che potesse insegnargli il
mestiere. Eppure quell'animale tiene insieme la famiglia con grande
determinazione ogniqualvolta si va in giro con figli e nipoti. Non
permette a nessuno di allontanarsi dal gruppo.
Ora, che c'entra tutto questo con l'assuefazione all'eroina? Gli
studi sugli animali ci dicono che generazioni di topi e di ratti
possono essere allevate con la volontà o la non volontà di auto
somministrarsi eroina per facilitare od impedire di divenire
tossicodipendenti. Nel caso dell'alcool sappiamo veramente che ci
sono degli individui predisposti (vulnerabili) all'assuefazione. La
consapevolezza ci proviene dalla famiglia, dai gemelli, dalle
pratiche di adozione trasversale, e dagli studi farmacologici. Si
tratta di una ricerca che è in corso e che ha lo scopo di
identificare i geni che contribuiscono alla predisposizione.
C'e' comunque bisogno di ulteriori ricerche per stabilire se anche
la predisposizione genetica gioca un ruolo nell'assuefazione
all'eroina. E' un problema molto importante, poichè se è vero che
diventare tossicodipendenti non è interamente una libera scelta, ma
piuttosto e' provocata da un disordine della chimica cerebrale,
questo e' ciò che conferma il concetto della tossicodipendenza da
eroina come malattia. Conseguentemente sarebbe più facile rimuovere
lo stigma e legittimare pienamente la terapia a lungo termine
mediante un sostitutivo degli oppiacei, come il metadone, o il LAAM
agli occhi dei programmatori degli interventi, dell'opinione
pubblica, ed in ciò che gli stessi tossicodipendenti pensano.
SECONDA DOMANDA CHIAVE: Dal
momento che i sintomi della sottrazione si possono al giorno d'oggi
pienamente controllare con farmaci vari, tanto che un
tossicodipendente può essere portato ad uno stato astinenziale senza
alcuna difficoltà, come mai ciò non risolve il problema? Perchè
la ricaduta è così comune? Si tratta di una connaturata
deficienza del "sentiero della ricompensa", oppure si tratta del
fatto che l'esposizione cronica ad un oppiaceo ha causato danni
irreversibili? In ambedue i casi ci saranno tossicodipendenti non in
grado di funzionare normalmente con la loro disponibilità naturale
di endorfine e che avranno bisogno di un oppioide, come il metadone,
che occupi i recettori.
E' necessario sapere che cos'è che scatena la ricaduta in un ex
tossicodipendente astinente. La ricaduta è preceduta dall'appetizione
compulsiva, un' incoercibile necessità di usare la sostanza, spesso
provocata da uno stimolo ambientale che è in relazione ad un suo
precedente uso. Uno stimolo come la vista dell'armamentario per le
iniezioni, o di un posto dove si compra eroina per la strada, non
solo possono evocare l'appetizione compulsiva, ma anche determinare
cambiamenti fisiologici misurabili, come alterazione del polso,
pressione sanguigna e reazioni galvaniche sull'epidermide.
Uno studio recente condotto dai ricercatori del National Institute
on Drug Abuse (NIDA) si e' occupato dell'appetizione compulsiva per
la cocaina in ex cocainomani. La tecnica impiegata è stata la
scansione alla PET, una procedura di immagini che mostra quali aree
nel cervello umano vivente vengono attivate a seguito di particolari
stimolazioni. I gruppi di soggetti erano due. Quelli che non avevano
mai usato cocaina, ed altri che ne avevano abusato nel passato ma
non più negli ultimi mesi recenti. Due generi di stimolo sono stati
presentati con un video, uno neutrale (come una scena pastorale), e
un altro connesso con la cocaina (come il necessario per le
iniezioni). I soggetti che non avevano mai usato cocaina, esposti a
tutte e due gli stimoli, non hanno mostrano nessuna attività
cerebrale anomala. Quelli che avevano usato cocaina non erano
influenzati dalla scena neutrale, ma rispondevano assai diversamente
a quella correlata con la cocaina. Si produceva appetizione intensa,
e si illuminavano specifiche zone del cervello (corteccia frontale e
amigdala), che sono notoriamente associate alla memoria emozionale e
all'appetizione.
Cito questo esperimento perchè dimostra chiaramente che un soggetto
precedentemente esposto all'uso pesante di cocaina presenta
alterazioni cerebrali in certe zone, provocate dall'uso cronico di
quella sostanza assuefacente. E dimostra anche quali zone del
cervello sono interessate all'appetizione compulsiva che porta alla
ricaduta. Ancora più importante per noi, ci indica la direzione per
ulteriori ricerche similari con gli eroinomani, utilizzando la
tecnica delle immagini. Una promettente prospettiva che pochi anni
fa' era soltanto un sogno.
COME AGISCE IL METADONE
Che cosa ha a che fare tutto questo con il mantenimento metadonico?
Niente di tutto ciò era conosciuto 32 anni fa quando Dole e
Nyswander concepirono l'idea di sostituire un oppioide a lunga
emivita alla veloce eroina, stabilizzando così la neurochimica e il
comportamento degli eroinomani. Ogni professionista od operatore che
ha curato correttamente gli eroinomani con il metadone sa quanto
questo farmaco sia efficace. La moderna ricerca in neurobiologia sta
chiarendo appieno come agisce il metadone.
Un tossicodipendente, sia che il suo "sentiero della ricompensa"
fosse stato deficitario fin dall'inizio, ovvero sia stato alterato
successivamente dall'eccessivo ed invalidante rilascio anomalo della
dopamina, mostra di funzionare normalmente soltanto se un oppioide
occupa costantemente i recettori mu per gli oppioidi. Questa
occupazione permanente è l'elemento stabilizzante che consente ad un
eroinomane di normalizzarsi la vita assumendo metadone e di
discontinuare l'uso dell'eroina. Comunque, dal momento che il
deficit nel meccanismo della ricompensa non e' stato risolto, e'
possibile che ci siano tossicodipendenti (non sappiamo quanti) che
avranno bisogno di una mantenimento a vita, allo stesso modo di come
i diabetici abbisognano dell'insulina.
Il metadone non è un farmaco sperimentale. E' ormai stabilmente
consolidato nella ricerca biologica ed è stato testato in un numero
di prove cliniche maggiore di qualsiasi altra medicina utilizzata
nella clinica moderna. Ha aiutato centinaia di migliaia di
eroinomani in tutto il mondo. E' innocuo ed efficace. Assunto per
bocca, è ben assorbito a livello circolatorio e, nel cervello,
occupa i recettori mu per gli oppioidi nell'arco delle 24 ore. La
sua azione stabilizzante pone fine all'alternarsi, per diverse volte
al giorno, fra "High" e "Sick", che e' tipico degli eroinomani.
L'efficacia del metadone per bocca consente al tossicodipendente di
interrompere l'uso endovenoso di droga, riducendo così il rischio di
epatiti, di AIDS e di altre malattie infettive derivate dal sangue.
L'abbandono della pratica endovenosa costituisce anche il primo
passo per allontanarsi da tutta una serie di comportamenti bizzarri
ed antisociali. Se usato correttamente, il metadone permette
all'eroinomane di interrompere l'uso di eroina. Diminuisce l'appetizione
per l'eroina e, producendo tolleranza agli oppioidi, ne blocca gli
effetti euforici. Molto importante: se un paziente a metadone
occasionalmente usa eroina, l'episodio non necessariamente si
trasforma in una ricaduta e può restare isolato senza produrre
conseguenze. Al contrario, un ex tossicodipendente non può quasi mai
evitare che un singolo assaggio di eroina lo riconduca ad una
ricaduta totale.
Il metadone, come tale, è uno strumento terapeutico e non una
panacea. Nessun intervento magico può far smettere un eroinomane di
usare eroina se non esiste una qualche motivazione a smettere. Per
questo il metadone deve essere associato ad un counseling
appropriato, a supporti riabilitanti, a psicoterapia se ce ne sia
bisogno, a coinvolgimento familiare, e così via. Il successo
richiede un programma ben diretto e l'intervento di uno staff molto
professionalizzato, in grado di comprendere che l'eroinismo e' una
malattia cronica recidivante, e che sappia trattare i pazienti con
rispetto. Il primo criterio di successo è l'abbandono dell'eroina e
delle altre sostanze di abuso, così come la riabilitazione sociale.
Rinunciare al metadone può non essere realistico per alcuni
pazienti, ma non per tutti. Ma certamente non costituisce
l'obiettivo primario del trattamento.
QUATTRO INDICAZIONI PRATICHE PER IL TRATTAMENTO
1. La dose deve essere sufficiente, generalmente nel range di 60 -
80 mg. in nessuna altra branca della medicina possono immaginarsi
indicazioni o linee guida che insistono sul dosaggio minimo
possibile, anche se quel dosaggio e' efficace soltanto in modo
marginale per la saturazione dei recettori. Nessuna medicina
funziona se non e' data nei dosaggi adeguati, e pertanto, i
programmi a basso dosaggio si invalidano da soli. Negli Stati Uniti,
il General Accounting Office ha paragonato l'efficacia dei programmi
metadonici di tutta la nazione, e quelli con le dosi più basse sono
risultati i peggiori.
2. La durata del trattamento deve anche essere adeguata. In nessuna
altra branca della medicina una terapia efficace per una malattia
cronica deve essere interrotta dopo un certo periodo prefissato.
Immaginate il disastro se i medici venissero forzati ad interrompere
gli steroidi o gli anti infiammatori non steroidi per le artriti
reumatoidi , o la digitale per i disturbi cardiaci. Eppure ci sono
giurisdizioni che contengono un limite obbligatorio al mantenimento
metadonico. Particolarmente paradossale appare il concetto secondo
il quale, se i tossicodipendenti vanno bene con il metadone, devono
smettere. E' molto più logico l'incontrario, per cui se un paziente
va bene con un farmaco deve continuare a prenderlo.
3. Gli stessi pazienti vogliono generalmente abbandonare il
metadone, non tanto per la seccatura, ma anche per le attitudini
della società che li fa sentire menomati. Gli operatori devono
scoraggiare l'abbandono del metadone fino a quando non sia stata
acquisita una piena e soddisfacente riabilitazione sociale e fino a
quando non e' passato almeno un anno dall'uso di eroina e di altre
sostanze di abuso. Comunque, se un paziente abbandona il trattamento
troppo presto e poi ricade, la porta deve sempre restare aperta per
la sua pronta riammissione senza atteggiamenti punitivi da part
dello staff.
4. Gli esami delle urine sono essenziali. Devono farsi in loco.
Devono essere veloci e tali da costituire un immediato feed back per
i risultati e per il conseguente processo di counseling.
Consideriamo le cure di altre malattie. Tratteremmo noi
l'ipertensione senza misurare regolarmente la pressione del sangue?
O l'obesita' senza pesare il soggetto? Avendo a che fare con una
popolazione di pazienti non particolarmente conosciuta per la
sincerita', soltanto l'evidenza oggettiva può costituire un
riferimento sicuro per misurare successi e individuare ricadute.
LAAM
Ed infine, poche parole sul LAAM (levo-alfa-acetil-metadolo, oggi
denominato ORLAAM). Si tratta, in definitiva, di una forma di
metadone ad emivita più lunga. Questa definizione semplifica alla
grande una chimica più complessa, ma è fondamentalmente corretta. Il
LAAM agisce così a lungo che basta prenderlo tre volte alla
settimana. Per altri versi, rispetto ad altre caratteristiche
importanti, è come il metadone. L'emivita più lunga significa che i
pazienti si sentono maggiormente confortevoli a causa della stabile
ed invariata occupazione dei recettori mu per gli oppiodi nel loro
cervello. La maggior parte dei pazienti che hanno provato metadone e
LAAM, preferiscono il LAAM.
Come il metadone, il LAAM non è più un farmaco sperimentale. E'
stato usato con successo su migliaia di pazienti. Negli Stati Uniti
è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) e da un
crescente numero di autorità regolatorie di stato. La mia opinione
e', e qualche esperto non e' d'accordo, che il LAAM dovrà diventare
il farmaco standard di scelta per il mantenimento, con metadone e
buprenorfina riservati a pazienti con esigenze particolari. I
pazienti possono essere trattati da subito direttamente con il LAAM,
ma devono essere messi al corrente della lentezza con la quale si
instaurano i primi effetti. Oppure, e forse per maggiore sicurezza,
possono incominciare con il metadone per ovviare velocemente ai
sintomi di astinenza, e poi passati a LAAM entro un giorno o due.
NORMALIZZARE IL TRATTAMENTO MEDICO DELL'EROINISMO
Dopo 32 anni, ancora non siamo riusciti a rimuovere lo stigma da
questa malattia. Il modello medico di questo comportamento non è
ancora stato pienamente riconosciuto. E malgrado l'abbondante e
incontrovertibile evidenza scientifica, la farmacoterapia di
mantenimento non viene ancora accettata come la cura di maggior
efficacia per questa patologia cronica e recidivante. Tuttavia,
sebbene i progressi siano stati lenti, progressi ci sono stati. Non
ci resta che sperare che un giorno la famacoterapia di mantenimento
venga universalmente accettata come routinaria nella normale pratica
della medicina.
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