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Il fu guerriero Arlacchi

Maggio 2000
Presentato il rapporto delle Nazioni Unite sulle droghe per il 1999
Giancarlo Arnao - C'era una volta il guerriero Arlacchi

Invece di diminuire, le coltivazioni di oppio e coca aumentano: è il fallimento della “war on drugs”. Ma l’Onu insiste, si oppone alla riduzione del danno e persino alla marijuana per uso medico

Anche quest’anno l’Incb (International Narcotic Control Board, agenzia Onu deputata al controllo sull’applicazione delle leggi antidroga) ha emesso il suo Rapporto. I Rapporti dell’Incb sono considerati come aggiornamenti della posizione dei vertici dell’Onu rispetto al problema del traffico e dell’abuso di droga su scala mondiale. Va peraltro ricordato che, mentre inizialmente il Rapporto consisteva in una burocratica elencazione degli eventi relativi all’applicazione delle leggi antidroga, senza neppure sfiorare l’argomento delle possibili alternative alle leggi esistenti, dai primi anni ‘90 i Rapporti hanno assunto un carattere più propriamente politico. Il Rapporto 1999 si inserisce in questo filone. Dopo un capitolo che affronta le scandalose limitazioni alla disponibilià legale dei farmaci antidolore (ne rimandiamo la trattazione ad un prossimo numero per l’importanza del tema), il Rapporto prosegue fornendo una serie di dati interessanti anche se non particolarmente inediti. Apprendiamo ad esempio che l’unanimità di consensi alle Convenzioni dell’Onu sulle droghe (1961, 1971 e 1988) è meno monolitica di quanto si vuol far credere. L’Albania è l’unico stato di un certo peso che non ha aderito a nessuna delle Convenzioni (par. 430). La Convenzione del 1971 non è stata sottoscritta da 32 stati (di cui 10 africani, 7 asiatici, 6 oceanici, 5 americani e 4 europei); la Convenzione del 1988 (quella che ha decretato l’illiceità dell’uso di droghe, a suo tempo molto sbandierata dai sostenitori della legge Vassalli-Iervolino) è stata disertata da 38 stati (14 africani, 10 oceanici, 8 asiatici, 6 europei) (cfr. parr. 56 e 58). L’Incb, discretamente, non fa molti nomi. Ma è certo notevole che fra i disertori della Convenzione del 1988 ci sia, oltre alla Svizzera (il che si sapeva) e a San Marino, anche il Vaticano! (cit., par. 431) La parte più interessante del Rapporto è quella relativa alla situazione dei diversi stati e delle diverse sostanze. Rispetto agli oppiacei, l’Incb segnala che la produzione mondiale è progressivamente aumentata dal 1995 in poi: da una media di 194 tonn. annue nel periodo 1986-94 alle 415 tonn. del 1999, il livello più elevato di tutti i tempi (par. 152). Altra conferma interessante: la produzione di oppio è sempre in aumento in paesi, come Colombia e Guatemala, in cui non esisteva prima del proibizionismo (par. 233). La situazione rispetto alla cocaina viene efficacemente riassunta in questa frase: “In Sud America (...) la disponibilità di foglie di coca per la produzione illegale di cocaina non sembra sia diminuita in misura significativa. Gli impressionanti successi nella riduzione delle coltivazioni in Bolivia e in Perù negli ultimi due anni sono stati annullati dall’aumentata produzione di coca in Colombia” (par. 282). Si dimostra insomma ancora una volta come gli interventi sulle coltivazioni (in cui si nutriva grande fiducia negli anni ‘70) non riescono a frenare l’aumento della produzione. Per gli stimolanti ancora una volta l’Incb si permette di “bacchettare” il Grande Fratello Usa, laddove si segnala un aumento delle prescrizioni di metil-fenidato (una anfetamina) ai bambini e adolescenti da parte dei medici americani (parr. 160-163). Ancora elevato in Usa e in Europa, secondo l’Incb, il consumo di psicofarmaci, in particolare benzodiazepine (par. 169). Per questi motivi il Rapporto invita i governi nazionali a emanare norme più rigide per la ricettazione medica. Della cannabis l’Incb si era occupato con veemenza già nel Rapporto 1998 (quando aveva addirittura indicato nella musica rock uno dei responsabili della diffusione della droga). Dal Rapporto 1999 sembra che l’”erba” sia ancora in cima ai pensieri dell’Incb, nella misura in cui non esita ad entrare in argomenti che esulano dalle sue competenze “tecniche”. Ad esempio, parlando della situazione in Bahamas, si parla della “falsa percezione fra i giovani che questa droga sia innocua” (par. 232). L’atteggiamento dell’Incb diventa esplicitamente “militante” quando esprime una sdegnata disapprovazione al fatto che l’uso medico di marihuana possa essere sottoposto ad un referendum popolare, come è avvenuto in Usa qualche anno fa (par. 255). Evidentemente, quando si tratta di cannabis, l’Onu si ritiene autorizzata a delegittimare un essenziale strumento di democrazia diretta come il referendum. Un’altra presa di posizione militante la troviamo nel paragrafo dedicato alla Francia, in cui leggiamo che l’Incb “confida che il Governo contrasterà ogni tentativo (...) da parte di coloro che favoriscono la decriminalizzazione, di introdurre una distinzione fra droghe leggere e pesanti (...), che implica l’esistenza di un ‘uso sicuro’ di una droga coma la cannabis”. (par. 475) Interessante, a questo proposito è il breve capitolo dedicato alle “injecting rooms” (locali in cui i consumatori di droghe possono iniettarsele). Qui il Rapporto non si perde in lungaggini dialettiche, va diritto al sodo. Per affermare che “qualsiasi governo che ammetta l’esistenza delle injecting rooms potrebbe essere condannato dalle leggi antidroga internazionali”. (par. 176) Il Rapporto torna sull’argomento nel paragrafo dedicato alla Germania, esprimendo preoccupazione per il tentativo di stabilire una base di legalità alle injecting rooms (par. 480). Alle injecting rooms, l’Incb propone come alternativa di fornire ai tossicodipendenti una vasta gamma di servizi di trattamento, fra cui la “prescrizione di droghe in linea con una accettabile pratica medica e con i trattati di controllo internazionali” (par. 177), laddove non è chiaro come si concilia una “accettabile pratica medica” con i “trattati di controllo” (cioè con le leggi antidroga, NdR): ma è proprio questa contraddizione di fondo che l’Incb dimostra chiaramente di non essere in grado di approfondire. Uno spaccato interessante nel cosmo del traffico di droga viene dall’individuazione di due categorie di “dilettanti”: il personale delle compagnie aeree, e i turisti. Per rimediare, l’Incb raccomanda ai governi di intensificare i controlli negli aeroporti (parr. 237-238). Restando nell’ambito delle questioni “politiche”, il lettore potrebbe essere molto interessato a leggere ciò che l’Incb racconta del paese che la stessa Onu ha preso come campione della nouvelle vague della guerra alla droga: l’Afghanistan dei Talebani, che ha avuto negli anni scorsi molto clamore mediatico. Riportiamo qui alcuni frammenti molto significativi. “(...) grandi quantità di eroina sono state contrabbandate dall’Afghanistan via Pakistan (...) soprattutto per essere spediti via mare ai mercati europei e nord-americani, ma anche per essere consumate sul posto. (...) Il numero dei tossicodipendenti da eroina è in aumento” (par. 360). “In Afghanistan, l’area delle coltivazioni illegali di oppio sembra aver superato i 90mila ettari nella stagione 1998-99, con un aumento di più del 40% rispetto alla stagione 1997-98 (...) Di conseguenza, è molto probabile che la produzione complessiva stia arrivando a circa 4600 tonnellate, raddoppiando rispetto all’anno precedente”. (par. 404) Insomma il famoso piano del Sen. Arlacchi non ha avuto grande successo. D’altra parte, era stato proprio un rappresentante dell’Onu a dichiarare pubblicamente che l’Onu aveva abbandonato l’iniziativa in Afghanistan (Centro Bertrand Russel, Convegno alla Camera dei Deputati, Roma, 29 febbraio 2000). Un’occhiata merita un altro paese “controverso”, come la Svizzera. L’Incb entra decisamente nell’argomento, riportando uno studio dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) sull’esperienza dell’eroina controllata in Svizzera; arrivando alle conclusioni che i risultati sono stati, sì, positivi, ma non è provato che dipendessero soltanto dalla somministrazione della sostanza o non anche dalle misure di supporto sociale che le istituzioni mediche svizzere hanno fornito ai soggetti trattati con l’eroina. Dimenticando che l’esperienza svizzera si proponeva di valutare l’efficacia della somministrazione di eroina non in alternativa, ma in aggiunta alle misure di assistenza abitualmente fornite ai tossicodipendenti.

il rapporto dell'INCB

                

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