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Il codice da perdi

di M. Travaglio dall'Unità del 1675/06

L’abbiamo scritto e confèrmiamo: in questi giorni Bellachioma è me-ra-vi-glio-so. L 'altroieri, come ha notato Massimo Gramellini sulla Stampa, mentre tutta Italia si domandava come restituire il calcio agli sportivi, lui badava alla botteguccia sua. «Esigo che restituiscano gli ultimi due scudetti al Milan. Siamo stufi di subire ingiustizie». Poi, con un tocco di garantismo davvero sopraffino. aggiungeva che non c'è bisogno di .sentenze: «Più chiaro di così... o (ma non era lui che voleva proibire per legge le intercettazioni?). Qualche giorno prima, con insospettato sense of humour, Adriano Galliani invocava «un codice etico per il calcio». Nel nostro piccolo mondo alla rovescia, nel quale l'on. det.dom. Cesare Previti va a spasso per Roma con la scorta gentilmente offerta dallo Stato (non per sorvegliarlo, ma per proteggerlo), dovevamo sentire anche questa: Bellachíoma e Galliani che sventolano la questione morale. Sono gli stessi che, due estati fa, ricevevano a Villa La Certosa per una cenetta intima Antonio Giraudo, loro sodale al vertice del calcio. L'8 settembre 2005 il premier riceveva a Palazzo Grazioli, in visita di Stato, Lucianone Moggi e gli faceva omaggio del best-seller Mondadori “Berlusconi ti odio”. Poi Lucky Luciano veniva sguinzagliato come ambasciatore del capo del governo a casa Mastella, per convincerlo a passare con la Cdl in tempo per !e elezioni. Mission impossible. Ancora tre mesi fa il presidente onorario del Milan tentava di strappare il duo Moggi-Giraudo alla Juventus e il 21 marzo, dopo aver fallito, se ne rammaricava: a Moggi e Gi­raudo restano alla Juve: nessuna dirigenza con la testa sulle spalle se li lascerebbe scappare ... ». Intanto Moggi trafficava col vicepresidente Figc Mazzini intorno ad un dossier su presunti «intrallazzi immobiliari di Della Valle. E qualche tempo dopo Bellachioma irrompeva alla convention di Confindustria per ricattare Della Valle su imprecisati «scheletri nell'armadio». Coincidenze, si capisce.
Se in questi anni Lucianone era il padrone del calcio, il Milan,fungeva da palo. I designatori telecomandati Pairetto e Bergamo  furono scelti da Juve e Milan. Il presidente della Lega Galliani, in evidente conflitto d'interessi, idem. La battaglia per i diritti tv monopolizzati dai grandi club vedeva Juve e Milan a braccetto. E poi lo scandalo delle intercettazioni, in cui è «tutto chiaro», coinvolge un dirigente del Milan, Leonardo Meani, il ristoratore che curava i guardalinee «amici». Dalle telefonate salta fuori un altro episodio da «codice etico». Giraudo dice a Moggi che Previti ha detto a Galliani: "Guarda che lo vuole Berlusconi ". Adriano gli ha detto: "Alloira fàmmelo dire da Berlusconi, perché se Berlusconi vuole che io dia dei soldi a Lotito, sicco­me mi sente sempre, non ho problemi, ma siccome non me l'ha mai detto"... . In un'altra telefonata, Moggi racconta a Gi­raudo che negli spogliatoi di Milan-Juve (trofeo Berlusconi), il Cavaliere «ha preso il pettine e ha pettinato Pinochet, Pairetto. Senza dimenticare le telefonate del­l'ottimo ministro Pisanu per chiedere di salvargli la Torres. Missione compiuta. Quanto agli scudetti da restituire, e quali, e u ehi, segnaliamo un bel libro di Carlo Petrini: «Le corna del diavolo» (Ka­os). Vi si racconta come il Milan ha vinto i suoi, di scudetti. A cominciare da quello del 1987-88, quando il Napoli di Maradona ormai sicuro vincitore si suicidò a fine stagione. Poi si scoprì che alcuni giocatori partenopei avevano rapporti con la camorra, terrorizzata dall'idea di restituire le alte quote promesse col totonero a chi scommetteva sul Napoli. Ma soprattutto c'è il caso di Gianluigi Lentini, il fantasista passato nel '92 dal Toro al Milan per 64 miliardi, di cui 10 versati in nero da Berlusconi e Galliani al presidente-bancarottiere Gianmauro Borsano. L'acquisto avvenne in periodo proibi­to: marzo '92. Borsano voleva i soldi subito, ma il Milan non si fidava e pretendeva garanzie: alla fine ottenne «in pegno» la maggioranza azionaria della società granata sino al termine della stagione. Così, per mesi, il Cavaliere controllò due società di serie A: un illecito sportivo clamoroso, sul quale ovviamente la giustizia sportiva sorvolò. Non però quella penale: la Procura di Milano fece rinviare a giudizio Berlusconi e Galliani per falso in bilancio. Ma niente paura. Il processo fu poi assassinato nella culla dalla legge Berlusconi sul falso in bilancio. Prescrizione garantita

                

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