tratto da:
http://www.saveriani.bs.it/missioneoggi/arretrati/2003_02/mom_critico.htm
che è il sito di riferimento della Missione dei padri Saveriani.
Quindi non sono solo i brutti e sporchi Komunisti, visionari di
complotti che cercano di urlare verità sgradite .
pummarulella
Il 14 e 15 dicembre
scorso, il Centro Studi Sereno Regis ha organizzato a Torino un
Convegno internazionale, Globalizzazioni, terrorismi e guerre: le
alternative della nonviolenza. Poiché ci sembrava importante e anche
in sintonia con il Convegno di Missione Oggi del prossimo 10
maggio, La Pace come progetto, abbiamo partecipato ai
lavori delle due giornate, ricche di analisi e di prospettive.
Non è nostra pretesa documentare, neanche in sintesi, tutti gli
apporti emersi a Torino, vorremmo solo porre l'attenzione su un
"taglio" significativo, richiamato nell'introduzione dal prof. Nanni
Salio (che sarà tra i relatori del nostro Convegno): "Chi ha
ideato una certa globalizzazione, quella del dominio, ha una sua
visione del mondo; chi vuole individuare alternative, deve avere
un'altra visione del mondo".
Non è una sfida semplice, ma crediamo che oggi sia
fondamentale lavorare in questa direzione. Riportiamo perciò alcuni
appunti da noi annotati nelle relazioni di Michel Chossudovsky,
Guerre e globalizzazione, e di Ekkehart Krippendorff, L'egemonia
statunitense e la necessità di una rifondazione culturale
dell'Europa. I due interventi erano accompagnati da altri preziosi
apporti, tra cui quelli di Giuliano Pontara, Giulietto Chiesa, Marco
Revelli, Luigi Sertorio, Marinella Correggia e Riccardo Bellofiore.
Ma, anche da soli, e qui ovviamente incompleti, ci offrono seri
motivi di inquietudine e di impegno.
MEO
ELIA
di
CHOSSUDOVSKY
La decisione di
Bush di intraprendere questa guerra infinita e globale segna la
crisi più grave della storia moderna. Nel discorso al Senato del
gennaio 2002, il presidente ha dichiarato che gli Usa sono disposti
a ricorrere anche alle armi nucleari. La decisione corrisponde a una
militarizzazione di tutta la società americana e di tutte le sue
istituzioni: il che è contro una legge vigente da 140 anni, che
confinava il militare a un solo settore della società americana.
Chi comanda in Usa?
Sotto il governo Bush, l'apparato militare e di intelligence ha
chiaramente preso le redini della politica estera, in stretta
consultazione con Wall Street. Nel "nuovo ordine mondiale" gli
strateghi militari del Dipartimento di Stato, del Pentagono e della
Cia hanno il controllo della politica estera.
I poteri dietro questo sistema sono quelli delle banche e delle
istituzioni finanziarie globali, del complesso militare-industriale,
dei conglomerati petroliferi ed energetici, dei grandi gruppi
biotech e dei potenti giganti dell'editoria e della comunicazione,
che fabbricano le notizie e influenzano apertamente il corso degli
eventi mondiali con informazioni palesemente distorte.
Va notato anche come l'apparato statale Usa si stia
"criminalizzando": vari funzionari, che occupano posti chiave
nell'amministrazione Bush e ora pianificano la cosiddetta "guerra al
terrorismo", erano dirigenti del Dipartimento di Stato che, nel
governo Reagan, usarono i proventi illeciti del narcotraffico per
finanziare l'invio di armi ai Contras in Nicaragua. Uno è Richard
Armitage, attuale vicesegretario di Stato; un altro è Elliot Abrams,
direttore generale del Consiglio di sicurezza nazionale per la
democrazia, i diritti umani e le operazioni internazionali.
Richard Armitage è stato anche uno degli artefici del sostegno
segreto degli Usa ai mujahidin e alla "base islamica militante"
durante e anche dopo la guerra sovietico-afgana.
Finanziato dal narcotraffico della "Mezzaluna d'oro" (Pakistan,
Afghanistan, Iran), questo modo di operare è rimasto sostanzialmente
invariato ed è tuttora parte integrante della politica estera
statunitense. È documentato che i miliardi di dollari del
narcotraffico costituiscono per la Cia una fonte di finanziamento
illecita…
Un programma che continua
È in atto un crescente ricorso ad attività criminose per
la conquista di nuove aree al sistema di libero mercato. Lo scenario
della guerra annunciata ha poco a che fare con l'ideale sbandierato
di rendere il mondo più sicuro dai terroristi e da chi vuole usare
le armi di distruzione di massa. Il problema vero è il dominio di
un'area (Caspio, Iraq, Iran) che ha il 70% delle riserve mondiali di
petrolio.
È un'area che da anni gli Usa hanno programmato di sottrarre al
controllo russo. Già nel 1994, con il governo Clinton, i documenti
della Sicurezza parlavano di sistemare prima l'Iraq e poi l'Iran.
Non sono solo parole, sono programmi. L'asse anglo-americano è in
atto anche nelle alleanze delle compagnie petrolifere, a scapito
delle compagnie europee. I fatti dell'11 settembre servono
egregiamente a giustificare operazioni già programmate ben prima. La
storia della "guerra al terrorismo" è una mistificazione pura e
semplice. Nei documenti Bin Laden è sempre definito come "risorsa",
non come "nemico": una risorsa da sfruttare per le lotte di
attuazione dei programmi stabiliti.
Documenti di pubblico dominio provano, infatti, il coinvolgimento
dell'amministrazione Clinton nella fornitura d'armi in Bosnia ad Al
Qaeda. Anche l'Uck del Kosovo è stata a lungo sostenuta dagli Usa
con armi e addestramento, in concomitanza con Al Qaeda.
In Macedonia, nel 2001, lavoravano come consiglieri dell'esercito
di liberazione (un prolungamento dell'Uck del Kosovo) esperti
militari sia degli Usa che dei mujahidin. Il motivo è sempre lo
stesso: destabilizzare aree che altrimenti potrebbero servire al
"nemico".
Collaborazione tra Cia, Isi e Al Qaeda
È in questa prospettiva che si spiega, a partire dalla
fine degli anni '70, la collaborazione tra la Cia e Al Qaeda in
Pakistan. La Cia ha operato nell'area non direttamente, ma
attraverso l'Isi (Inter Services Intelligence) del governo
pakistano, diventato sempre più consistente. In pratica è
un'emanazione o una specie di succursale della Cia. Attraverso l'Isi,
i servizi segreti pakistani, la Cia ha avuto un ruolo chiave nel
formare i mujahidin alla guerriglia, mentre l'addestramento era
integrato dai fondamentalisti wahabiti. È così che sono emersi e si
sono diffusi i Taliban.
Documenti noti provano il ruolo chiave dell'Isi
nell'addestramento militare, abbinato all'indottrinamento islamico
intensivo, dei due principali eserciti ribelli della Cecenia. Ancola
l'Isi, col tacito consenso del governo Usa, ha fomentato le numerose
insurrezioni secessioniste islamiche nel Kashmir indiano fin dagli
anni '80, come pure lungo i confini della Cina con l'Afghanistan.
Ma i fatti più inquietanti hanno come teatro proprio gli Usa.
Dopo la clamorosa notizia lanciata il 16 maggio scorso dal New York
Post, "Bush sapeva" i media americani hanno chiesto che si facesse
luce su due documenti messi a disposizione del presidente prima
dell'11 settembre, riguardanti possibili attacchi di Al Qaeda. Ma
questo non è stato che un diversivo, per distogliere l'attenzione su
altre cose ben più importanti: non solo nessuno ha parlato del ruolo
della Cia e delle sue passate collaborazioni con Al Qaeda, ma tutti
hanno taciuto a proposito della decisione dell'amministrazione Bush,
presa nelle "consultazioni dopo l'11 settembre", di collaborare
direttamente con l'Isi, nonostante le prove dei suoi attuali
collegamenti con Bin Laden e i Taliban, e nonostante il suo presunto
ruolo nell'assassinio del comandante Massud, due giorni prima
dell'attentato delle Due Torri.
Ma c'è di più. Il colmo è stato rivelato da un articolo del The
Times of India del 9 ottobre 2001, che si basava su una relazione
dei servizi segreti del governo indiano: c'erano legami tra il gen.
Ahmad, capo dell'Isi, e Mohamed Atta, il presunto capo degli
attentatori; ci sono le prove di 100mila dollari versati dal capo
dell'Isi all'attentatore. Investigazioni dell'Fbi hanno confermato
questi versamenti.
Ancora. Il capo dell'Isi, dal 4 al 13 settembre si trovava a
Washington in visita ufficiale: tra il 4 e il 9 aveva incontrato
vari funzionari, tra cui G. Tenet, capo della Cia; la mattina stessa
dell'11 settembre era a colazione con P. Goss e B. Grahan,
presidenti delle Commissioni della camera e del senato per i servizi
segreti; nei giorni seguenti ebbe un incontro con il segretario di
Stato Colin Powel e due incontri con il vicesegretario Armitage, che
negoziò un accordo per la "collaborazione" del Pakistan.
Tutti questi fatti richiederebbero, come minimo, una seria
inchiesta: Bush era a conoscenza di tutti i dettagli riguardanti il
gen. Ahmad e i suoi legami con Al Qaeda? Cosa stavano facendo Goss e
Grahan assieme al presunto finanziatore degli attentatori dell'11
settembre, a colazione al Capitol Hill, proprio quel giorno?
Certo che è strano: subito dopo l'11 settembre, il governo Usa
decise la collaborazione dell'Isi pakistano "per catturare Bin Laden",
nonostante il fatto (documentato dall'Fbi) che l'Isi avesse
finanziato e aiutato i terroristi dell'11 settembre. È come chiedere
a Al Capone di combattere Cosa Nostra.
MICHEL
CHOSSUDOVSKY
KRIPPENDORFF
È importante
capire l'America. Oggi sta vivendo un momento critico: se in Usa
viene distrutta la democrazia, lo stato di diritto, non sarà senza
conseguenze anche per noi.
Quanto avviene in Usa è in contraddizione netta con quello che
gli americani pensano di se stessi. Si percepiscono diversi da come
noi li vediamo: molti di noi ci sentiamo minacciati e ci chiediamo
se il mondo può sopportare un comportamento così arrogante (in
politica, economia, ecologia…), che non tiene in considerazione il
resto del mondo.
Dobbiamo pensare a questo "eccezionalismo" americano. Da dove
viene? Dal settecento, quando l'illuminismo ha prospettato l'ideale
di uomo che usa la ragione per costruire la propria libertà e
l'emancipazione dalle necessità materiali. L'unico posto in cui
questo ideale è stato messo in pratica sono gli Usa, che nella
Dichiarazione d'indipendenza del 1776 afferma questo principio di
libertà e di uguaglianza per tutti gli uomini. È in questo senso che
gli americani avvertono la propria diversità, si sentono la
realizzazione dell'illuminismo europeo.
Fino ad oggi si era sempre vista questa diversità, ad esempio
nella concezione dello stato e nella concezione della società. Ma ci
sono sempre state due anime: una "militare", rigida; l'altra
"moderna", che non vuole imporre agli altri la democrazia o altri
valori, ma "mostrarli", come un faro, un esempio. Devono essere
l'offerta di un modello, non un'imposizione con interventi armati.
Dobbiamo dare credito a questa America, quella del 1776, se no
perdiamo ogni speranza di cambiamento. Ma dobbiamo tener presente
che l'americano medio ha questo spirito nel sangue: noi siamo il
modello, noi siamo diversi, e se non difendiamo questa nostra
diversità facciamo un cattivo servizio al mondo. Anche chi è critico
nei confronti dell'attuale governo, pensa in questo modo.
È avvenuto però che, dopo l'11 settembre, questo spirito è stato
manipolato dal potere. Subito ha parlato di "complotto" e ha
strumentalizzato il sentimento americano per fare una politica
diversa da quello che la gente si aspettava. Il governo Bush gioca
cinicamente con una certa simpatia che c'è nel sottofondo di tutti
verso l'America (pensiamo ai dissidenti di Piazza Tienammen) perché
essa rappresenta la speranza che si ha, perché realizza la speranza
del progetto illuminista. Anche per questa simpatia e speranza si è
tutti in diritto di criticare l'America: se rovina la democrazia,
rovina anche la nostra libertà.
Fa paura il fatto che la società americana, a partire dai suoi
politici, è disinformata su ciò che avviene nel mondo. Questo è
deleterio, perché in questo modo non possono avere criteri per
capire gli altri popoli. Negli ultimi 15 anni, le notizie
internazionali del New York Times sono state ridotte dell'85%:
questo perché non c'è interesse nell'opinione pubblica per quanto
avviene nel resto del mondo.
Abbiamo, perciò, un bisogno estremo di ripensare l'Europa che si
sta facendo. Cos'è l'Europa oggi? Non c'è una voce europea in campo
mondiale perché non facciamo un discorso serio sul suo perché, sulla
direzione che le vogliamo dare. È un'Europa che punta solo a copiare
gli Usa? Che si preoccupa solo di fare concorrenza a questo e a
quello?
Nella prossima Costituzione europea, nel "Preambolo" che essa
dovrebbe avere come hanno varie Costituzioni nazionali europee,
dobbiamo definire l'Europa, e definirla come entità pacifica,
nonviolenta. Dobbiamo lavorare seriamente per questo, finché siamo
ancora in tempo. Non possiamo lasciare il progetto europeo solo alle
classi politiche.
Noi europei dobbiamo ricordare Eschilo: la politica è stata creata
proprio per superare il circolo vizioso dell'odio, la vendetta.
EKKEHART KRIPPENDORFF
Michel Chossudovsky è docente di
economia all'Università di Ottawa. È membro attivo del movimento
canadese contro la guerra. Le idee e la documentazione richiamate
nella relazione di Torino sono esposte in forma più estesa nel suo
recente libro: Guerra e globalizzazione, la verità dietro l'11
settembre e la nuova politica americana, Ega, 2002.
Ekkehart Krippendorff è docente di politica del
Nord America all'Università di Berlino. Ha tenuto più volte corsi
alla City University e alla Columbia University di New York.
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