Tratto da :
http://www.caffeeuropa.it/attualita/64ecstasy-canali.html
di:
Stefano Canali, storico della
scienza e divulgatore scientifico,
ha pubblicato vari lavori sulla
storia delle droghe e delle
neuroscienze, tra cui Alter Ego.
Droga e cervello, Edizione dell'Universita'
degli Studi di Cassino (tradotto in
quattro lingue), La ricerca
biomedica nel Novecento, in Storia
della Scienza Einaudi. E' autore di
audiovisivi scientifici tra cui "La
Droga e i suoi effetti sul cervello"
distribuito da Le Scienze -
Scientific American.
Il controllo e la proibizione
Il freddo
cinismo dimostrato dalle potenze europee nelle
Guerre dell'oppio focalizzava l'attenzione
dell'opinione pubblica sulla dimensione etica del
commercio di tale narcotico e dell'uso. La lente
morale in tal modo applicata, tuttavia, finiva per
mettere a fuoco e quindi stigmatizzare, soltanto
l'oppio, contingente elemento catalizzatore di nuovi
ed enormi interessi economico-politici, nel cui uso
sembravano esaudirsi i pressanti bisogni sociali
imposti agli uomini del mondo ottocentesco. Un cieco
feticismo della sostanza, atteggiamento
caratterizzante di ogni moderna lotta alle droghe,
esauriva le cause dell'oppiomania nelle proprietà
farmacologiche dell'oppio, negando l'orizzonte
storico e sociale entro cui questa aveva preso
corpo. Così, ignorando proprio la lezione della
storia dell'oppio in Cina, a livello internazionale
e dei singoli stati veniva intravista un'unica
soluzione: controllo e proibizione.
Piccola storia dei provvedimenti e primi
risultati epidemiologici
Il primo stato a muoversi in tal senso erano gli
USA, che nel 1905 avevano varato il Pure Food and
Drug Act, col quale si regolamentava la vendita
dei preparati a base d'oppio, obbligando i
fabbricanti a specificare la composizione dei
prodotti sulle confezioni. Anche dietro questa legge
a tutela dell'igiene pubblica si nascondevano
interessi corporativi ed economici molto forti. In
questa occasione il governo statunitense fu
pesantemente appoggiato dai farmacisti e dai medici,
che da circa un secolo traevano dalla vendita
dell'oppio ingenti guadagni, e che quindi avevano
interesse ad impedire il tradizionale libero
commercio delle cosiddette patent medicines,
preparati la cui composizione restava ignota e la
cui vendita avveniva quindi senza mediazione
istituzionale.
Nel 1909, gli USA vietavano l'importazione e
l'uso dell'oppio per impieghi che non fossero quelli
medico-scientifici. Lo stesso anno, per iniziativa
del presidente Roosevelt si svolgeva la conferenza
mondiale di Shangai che per una serie di contrasti
di natura economica tra gli stati partecipanti non
riuscì ad andare oltre inutili compromessi e
all'accordo di una maggiore collaborazione
internazionale per le limitazioni del consumo di
oppiacei.
Nel gennaio 1912, all'Aja, dopo accanite lotte
tra Inghilterra e Germania, quest'ultima prima
produttrice mondiale dei derivati dell'oppio, veniva
ratificata la Convenzione internazionale sull'oppio
con la quale si sottoponeva l'uso dell'oppio e degli
oppiacei al controllo medico, rendendone
obbligatoria la prescrizione.
Conformandosi alle direttive della Convenzione
dell'Aja, gli USA adottavano nel 1914 l'Harrison
Narcotic Act, che prevedeva la registrazione e
il pagamento di un'imposta per tutti coloro,
produttori, venditori e medici, che trattavano le
sostanze incluse nella tabella. Nello stesso
periodo, leggi di impianto proibizionistico o volte
al controllo venivano venivano progressivamente
emanate da tutti gli stati europei. Dopo la prima
guerra mondiale, la neonata Società delle Nazioni
nominava un Permanent Central Narcotics Board.
Questo organo internazionale di controllo del
traffico di droga, PCB nella sigla abbreviata, fu
immediatamente sedotto dal vorticoso giro
finanziario attivo intorno alle droghe, tanto che
sull'acronimo venne coniato un nome moralmente più
appropriato: Perfect Corruption Board.
I risultati delle scelte operate nelle sedi
nazionali ed internazionali erano chiaramente
leggibili nei dati sul problema. A livello mondiale
la produzione e il consumo di oppio continuava a
crescere in maniera irrefrenabile. Louis Lewin, ad
esempio, rendeva noto che in Germania, dal 1920 -
anno di introduzione del proibizionismo - al 1925,
l'importazione dell'oppio era raddoppiata. Nella
Cina del 1946, dopo l'introduzione del monopolio
statale del commercio d'oppio del 1927 e l'ordine
dato nel 1941 da Chiang Kai-shek di distruggere
totalmente le coltivazioni di papavero, si potevano
contare 40 milioni di oppiomani.
Nel 1921 l'Ufficio Superiore di Igiene comunicava
che gli USA importavano circa 1700 tonnellate di
oppio per un consumo pro capite di 2,5 grammi. I
provvedimenti per il controllo avevano trasformato
in criminali quell'1% della popolazione avviato alla
dipendenza da oppiacei dall'uso indiscriminato e
dalla promozione dell'oppio e dei suoi derivati
fatta dalla classe medica per tutto l'Ottocento. Ad
esempio, dal 1918 al 1921 il numero dei prigionieri
imputati di uso illegale d'oppio nella prigione
governativa di New York cresceva del 789%. Decine di
migliaia di medici e di farmacisti vengono citati in
giudizio e condannati per aver prescritto e venduto
oppiacei a eroinomani.
Tuttavia, già nel 1915, si erano levate rare voci
di protesta contro l'Harrison Act. In un
editoriale della rivista American Medicine
denunciava: «Il problema dei narcotici è un problema
medico molto serio. La nuova legge invece che
migliorarlo, l'ha peggiorato. I medici hanno trovato
pericoli così gravi nelle varie norme [...] che
hanno deciso di stare il più lontano possibile da
ogni tossicomane e dai suoi bisogni di cura. Di
conseguenza i tossicomani sono costretti a
procurarsi i narcotici di cui hanno bisogno nel
mondo della malavita [...] Il mercato illegale sta
crescendo [...] Abbiamo ottenuto il risultato di
gettare dei cittadini bisognosi di assistenza medica
nelle mani dei criminali [...] Giovani donne e
ragazze assuefatte ai narcotici senza loro colpa,
sono costrette a frequentare case di malaffare dove
rifornirsi di droga.» Dello stesso tono era un
famoso articolo del 1925 di Robert Schless: «Ritengo
che la maggior parte dei casi di tossicomania siano
oggi dovuti all'Harrison Narcotics Act, che
proibisce la vendita di stupefacenti senza una
ricetta medica [...] I drogati che si trovano al
verde si comportano da agenti provocatori degli
spacciatori (dealers), e vengono ricompensati
con il regalo di un po' d'eroina o con la promessa
di venirne riforniti. L'Harrison Act ha creato lo
spacciatore e lo spacciatore crea i tossicomani.»
Anche il Congresso notava l'insuccesso
dell'Harrison Act e nel 1918 costituiva una
commissione di inchiesta presieduta dal direttore
del Servizio Sanitario Pubblico. La relazione,
frutto di un anno di lavoro, evidenziava il mancato
calo dei consumatori, attestato costantemente sul
milione di persone, e rimarcava l'ampliamento del
mercato illegale e la creazione di complesse
organizzazioni criminali per il traffico. I
risultati illustrati dalla commissione di inchiesta
ridavano voce alle istanze liberali ed
antiproibizioniste. La reazione di alcuni
parlamentari e soprattutto dei burocrati
dell'ufficio narcotici del Dipartimento del Tesoro
fu però dura e sostenuta da un vasto consenso
popolare, tanto da riuscire non solo a contrastare
gli antiproibizionisti ma ottenere anche un
inasprimento del discusso Harrison Act, con la
proibizione della fabbricazione dell'eroina negli
USA.
Opinione pubblica e ruolo degli apparati legati
al problema delle droghe
Questo particolare passaggio della politica delle
droghe americana mette in rilievo altri due fili
essenziali della intricata ed eterogenea trama di
cui è tessuto il problema dell'oppio e delle
tossicomanie in generale: l'opionione pubblica e gli
apparati (istituzioni, enti, organizzazioni
pubbliche o private) che ruotano, con le più
svariate funzioni e finalità, intorno alle droghe.
Modellandosi sulle immagini diffuse dai mezzi di
comunicazione, l'opionione pubblica inevitabilmente
le riconosce come vere e valide, e si conforma,
così, in maniera più o meno consapevole,
all'universo dei valori e alle scelte dei gruppi di
potere che di volta in volta controllano i media, di
solito gli stessi gruppi che contemporaneamente
governano la politica e l'economia.
Dalla fine dell'Ottocento, la stampa americana
iniziava un processo di radicale riformulazione
dell'immagine dell'oppio, da farmaco miracoloso a
droga distruttiva. Questa revisione era legata al
difficile processo di inserimento sociale e
lavorativo della grande comunità cinese all'epoca
appena immigrata negli USA. I cinesi erano accusati
di lavorare sottocosto, senza tutele e coperture
sanitarie, senza orari. Così gli imprenditori
denunciavano la concorrenza sleale degli asiatici, e
le organizzazioni sindacali il pericolo della
sottrazione di lavoro agli americani (diversi dai
cinesi soltanto perché immigrati prima) e dello
scadimento delle condizioni di lavoro e dei pochi
diritti acquisiti.
Anche a causa degli USA, che ne avevano preteso
la liberalizzazione alla fine della seconda Guerra
dell'oppio, i cinesi fumavano molto oppio. La
campagna anticinese si concentrava quindi su questa
pratica e il razzismo contro una popolazione
diventava razzismo farmacologico. Numerose
pubblicazioni descrivevano storie di criminali
cinesi specializzati nell'adescare ragazzini e
ragazzine bianche per renderli oppiomani e schiavi.
Così il Congresso emanava nel 1887 un bizzarro
provvedimento con cui si proibiva l'importazione
dell'oppio ai cinesi ma non agli americani, un
fulgido esempio di discriminazione legale. Nel 1912,
la letteratura di consumo popolare partoriva
addirittura un personaggio che incarnava la
mitologia del razzismo anticinese, il Dottor Fu
Manchu dei romanzi di Sax Rohmer, di cui fu
fatta la trasposizione cinematografica, che aveva
progettato di conquistare il mondo dei bianchi
usando le droghe.
La regolamentazione e la proibizione dell'oppio
avevano fatto nascere la burocrazia e gli apparati
preposti alla prevenzione, al controllo e alla lotta
alle droghe. Si sottovaluta costantemente la parte
svolta nell'evoluzione del problema delle
tossicomanie da questi apparati, come quella che
abbiamo sopra brevemente descritto nel caso
dell'inasprimento dell'Harrison Act. Eppure la
storia è ricchissima di esempi come questo, che
dimostrano come questi apparati una volta istituiti
tendano, quasi biologicamente, ad assicurasi
un'esistenza indefinita, posizioni di potere e
ricchezza economica sempre più vaste: finalità
evidentemente inconciliabili con gli scopi
istituzionali per cui tali organismi sono creati.
Tenendo presente questo perverso meccanismo delle
burocrazie e degli organismi sociali in generale si
riesce forse a spiegare più facilmente perché il
consumo di droga possiede ancora dimensioni
epidemiche (per certi versi più preoccupanti del
passato) a dispetto della mobilitazione sociale, del
biasimo pubblico, della crescita esponenziale dei
finanziamenti pubblici e privati assorbiti da organi
nazionali ed internazionali di contrasto,
repressione, prevenzione, ricerca e cura delle
tossicodipendenze.
Il controllo del traffico d'oppio, infine, aveva
reso più allettante lo smercio della morfina e
dell'eroina, droghe meno vistose e voluminose ed
estremamente più potenti del succo caro a Demetra e
a Marco Aurelio. In Francia, in Germania, negli USA,
in Giappone dilagava la mania della morfina, mentre
gli osservatorii nazionali ed internazionali
registravano l'alba sinistra di una forma più
devastante di tossicodipendenza sorgere da un altro
derivato dell'oppio, un farmaco "eroico" che la
Bayer aveva commercializzato nel 1898 per la
disintossicazione dei morfinomani: l'eroina.
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