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Somministrazione controllata e riduzione del danno

The Lancet pubblica i risultati della sperimentazione fatta per dieci anni a Zurigo: 82% di consumatori in meno

"Eroina sotto controllo medico
Così calano i tossicodipendenti"

Gli operatori sociali spingono per l'avvio del progetto in Gb ma il governo frena: "Si rischia di far aumentare il traffico"

<B>"Eroina sotto controllo medico<br>Così calano i tossicodipendenti"</B>


ZURIGO - Droga di Stato? Secondo la rivista medica britannica The Lancet potrebbe essere una soluzione efficace, da adottare al più presto anche in Gran Bretagna. La rivista pubblica i risultati dello studio condotto da due ricercatori della Clinica psichiatrica dell'Università di Zurigo, il sociologo Carlos Nordt e lo psichiatra Rudolf Stohler, che hanno seguito la sperimentazione da dieci anni condotta a Zurigo. La politica liberare della Svizzera è detta "dei quattro pilastri": prevenzione, terapia, riduzione dei rischi e repressione. Le cifre sono sorprendenti: la somministrazione controllata dell'eroina riduce drasticamente il numero di nuovi tossicodipendenti e facilita la disintossicazione.

Per i loro studi i due ricercatori si sono avvalsi dei dati sui percorsi di settemila pazienti che seguono la terapia con il metadone. Dopo il 1975 nel canton Zurigo risultavano circa 80 nuovi tossicodipendenti all'anno, il picco - 890 - è stato raggiunto nel 1990. Poi l'inversione di rotta: da quando nel 1991 sono state introdotte le nuove forme di terapia, come la somministrazione di eroina sotto controllo medico, il fenomeno si è notevolmente ridotto. E nel 2002 il numero di nuovi consumatori è sceso a 150.

Il professor John Strang, direttore dell'Istituto Nazionale per le Tossicodipendenze, sottolinea come l'approccio scientifico - il fatto che tutte le droghe debbano essere consumate sul posto e che i pazienti siano costretti a recarsi tre volte al giorno nel centro - neutralizzi il fascino della droga stessa.
Dall'avvio della sperimentazione nella città svizzera ci sono stati l'82% in meno di nuovi consumatori di stupefacenti e sono diminuiti i crimini e le morti legati all'uso di droga. Questi dati hanno scatenato il dibattito in Inghilterra, dove i consumatori abituali sono 280mila e si registrano 2.500 morti all'anno.
Nell'editoriale dedicato al tema The Lancet prende posizioni decise: "Dopo quattro anni e migliaia di morti di cui non sentivamo il bisogno, il governo non può rifiutare l'avvio di un serio progetto che preveda la somministrazione controllata". E anche gli operatori sociali si dicono favorevoli all'inversione di marcia. Tuttavia il governo ha ribadito il suo no a questo approccio perché teme un aumento del traffico di stupefacenti e il diffondersi di comportamenti anti-sociali.


(2 giugno 2006)

Da:  http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/scienza_e_tecnologia/vaccino-cocaina/eroina-di-stato/eroina-di-stato.html

 


da:  Tempo Medico   http://www.zadig.it/news2001/med/new-1122-1.htm

DIPENDENZE

L'eroina che aiuta i tossici

In Svizzera la somministrazione controllata di eroina ha aiutato molti tossicodipendenti che non avevano tratto giovamento da altri interventi, e in molti casi ha restituito loro il coraggio per tentare la via dell’astinenza. Ha dato risultati egregi l’esperienza avviata nel paese alpino negli anni novanta, in risposta al dilagare dell’abuso di droghe; i risultati, aggiornati al dicembre del 2000, sono riferiti su Lancet da Jürgen Rehm, dell’Istituto di ricerca sulla dipendenze di Zurigo.

"Lo studio va inquadrato nel giusto contesto" premette lo studioso elvetico. "La terapia con eroina è solo uno dei tanti interventi messi in atto per arginare i danni della droga. La strategia complessiva punta in prima battuta sulla repressione dei traffici e sulla prevenzione, per ridurre il numero dei tossicodipendenti. Per chi, nonostante tutto, cade vittima della dipendenza, gli obiettivi sono quelli di aiutarlo a uscirne, ma anche (o nel frattempo) di ridurre al minimo i danni per la sua salute e per la società. A questo scopo, per chi non riesce a liberarsi della dipendenza, si ricorre alla somministrazione controllata di metadone, che evita tutti i pericoli legati all’uso della droga comprata per strada. Ma c’è un ulteriore sottogruppo che non trae giovamento nemmeno dal metadone. A costoro è destinato il programma di somministrazione di eroina, la cui validità è stata messa alla prova nel nostro studio".

I ricercatori hanno seguito i 2.000 tossicodipendenti, di età media intorno ai trent’anni, che dal 1994 al 2000 hanno intrapreso il trattamento sostitutivo con eroina in una ventina di centri d’assistenza, dopo il fallimento dei tentativi orientati all’astinenza o alla sostituzione con metadone. Accanto alla droga, tutti hanno ricevuto un assiduo sostegno psicosociale.

Per prima cosa si è visto che il trattamento veniva proseguito abbastanza a lungo: il 70 per cento degli assistiti era ancora in terapia a un anno dall’inizio, il 30 per cento lo era a cinque anni. Tra chi abbandonava l’eroina, l’osservazione un po’ a sorpresa è stata che la maggior parte lo faceva per riprovare un trattamento con il metadone (nel 40 per cento dei casi) o addirittura per puntare all’astinenza (20 per cento, mentre nei casi restanti si trattava di fallimenti, dovuti a guai di salute o con la giustizia, o al semplice rifiuto delle regole imposte dalle cliniche per avere diritto all’assistenza.

"I rifiuti della terapia si avevano soprattutto nei primi mesi" precisa Rehm. "Viceversa, chi restava in cura a lungo aveva le maggiori chance di intraprendere una terapia mirata all’astinenza. Questo sfata il pregiudizio secondo cui i tossicodipendenti tenderebbero ad adagiarsi sulla terapia sostitutiva senza più cercare di liberarsi dalla droga".

Anche nel corso della terapia i benefici sono stati notevoli, come ha mostrato l’analisi di un sottogruppo di 200 soggetti che la hanno seguita per almeno un anno e mezzo. "La salute fisica e quella sociale sono migliorate parecchio" sottolinea Rehm. "Nei 18 mesi d’osservazione, per esempio, l’uso quotidiano di eroina di strada è crollato dall’80 al sei per cento; quello di cocaina dal 30 al cinque; i disturbi mentali gravi dal 40 al 20; la magrezza eccessiva dal 35 al 24. E, com’è facile immaginare, sono calate in modo rilevante la disoccupazione, le attività illecite, le grane con la giustizia". Il che, a conti fatti, rende il trattamento conveniente anche dal mero punto di vista dei costi sociali.

"Lo studio elvetico è stato realizzato sulla spinta dell’urgenza" sottolinea nell’editoriale di commento Ernest Drucker, dell’Albert Einstein College of Medicine di New York. "Per questo non è stato approntato secondo un disegno randomizzato, come sono invece quello in corso nei Paesi Bassi e quello in programma negli Stati Uniti, dai quali verranno informazioni più approfondite. Resta però un’indagine importante su una coorte molto significativa, dato che i tre quarti dei tossicodipendenti svizzeri sono arruolati in programmi di trattamento. In futuro la miglior comprensione dei meccanismi d’azione biologici delle droghe permetterà interventi di cura e prevenzione sempre più incisivi; ma lo studio svizzero ribadisce che già oggi si può fare molto, se si guarda ai dati di fatto anziché unirsi a cori di critiche dettate dalla disinformazione". Si spera che anche in Italia, in un momento in cui il governo ha deciso di prendere di petto la questione, se ne saprà tenere conto.

Giovanni Sabato


Ridurre il danno serve

Non sono probabilmente possibili risposte scientifiche sull’efficacia di proibizionismo o antiproibizionismo: sono epistemologie diverse, rispetto alle quali è assai sbagliato cercare risposte scientifiche. Dovrebbero invece essere valutati gli effetti concreti, in ciascun paese, di diverse strategie d’approccio a droghe e tossicodipendenze. E’ grossolano confondere l’antiproibizionismo con le strategie di riduzione del danno. La riduzione del danno non è uno slogan politico o ideologico, ma un insieme d’interventi pragmatici, mirati a ridurre i danni alla salute per le persone tossicodipendenti e per tutta la popolazione.

L’epidemia d’infezione HIV si è diffusa nella popolazione generale avendo come principale serbatoio di trasmissione le persone che scambiavano siringhe usate per iniettarsi eroina. In altri paesi, strategie di riduzione del danno sono state avviate all’inizio dell’epidemia, riducendone radicalmente la probabilità di trasmissione alla popolazione generale; in Italia questi interventi sono stati attuati con quasi dieci anni di ritardo, permettendo all’epidemia di diffondersi rapidamente.

Le strategie di riduzione del danno hanno permesso di agganciare migliaia di tossicodipendenti, che non si erano mai rivolti ai servizi, e di inserirli in percorsi terapeutici e riabilitativi. Contrariamente a quanto si vuol far credere, la riduzione del danno non è antitetica a prevenzione e reinserimento, anzi è strumentale alla riabilitazione, proprio perché permette di agganciare persone che spontaneamente non si sarebbero mai rivolte a un servizio. Proprio le politiche più proibizioniste devono essere accompagnate da interventi forti e pragmatici di riduzione del danno.

Sull’efficacia del metadone: è il farmaco che, a tutt’oggi, ha mostrato la maggiore efficacia nel ridurre l’uso di eroina di strada, nel migliorare le condizioni di salute e nel ridurre l’attività criminale. Studi e revisioni sistematiche documentano l’efficacia a lungo termine dei trattamenti di mantenimento. Mentre sedicenti esperti negano queste prove scientifiche, British Medical Journal e Lancet pubblicano i risultati di studi che dimostrano che la somministrazione combinata di eroina e metadone a persone che consumano eroina da molto tempo è sicura, gestibile ed è più efficace del metadone da solo nel migliorare le condizioni di salute fisica e mentale e le condizioni sociali. Le persone che si iniettano eroina hanno una mortalità circa quindici volte più alta dei loro coetanei. Il primo compito del Servizio sanitario nazionale è migliorare la salute delle persone che usano sostanze stupefacenti e soprattutto aumentarne la sopravvivenza.

Solo chi sopravvive potrà entrare in un programma di reinserimento e possibilmente uscirne libero dalla dipendenza. Ci si preoccupi, semmai, del fatto che trattamenti efficaci disponibili - come il metadone - non sono usati abbastanza e in modo appropriato nei servizi italiani, mentre, negli stessi servizi, pubblici e privati, abbondano sedicenti trattamenti di cui non si vuole nemmeno valutare l’efficacia sperimentale, basati solo su teorie e fedi che nulla hanno a che vedere con la scienza.

Marina Davoli, Marica Ferri
Gruppo di revisione internazionale Cochrane su droga e alcol, Roma

da : http://www.zadig.it/speciali/drug/03.htm

 

                

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