di Nafeez Mossadeq Ahmed .
Se vi rompete le scatole di leggere tutto non mancate almeno le
conclusioni che ho evidenziato. Sono davvero istruttive di quanto siano pianificate certe
strategie, e di quanto anche l'11 settembre assumere aspetto
diverso, in quest'ottica . Notare l'uso della parola MANIPOLARE, che la dice lunga lunga
lunga .
by pummarulella
Strategie
d'intervento del Council on Foreign Relations (CFR)
In altre parole, il Big
Game del diciannovesimo secolo, che consisteva in una partita tra le
grandi potenze per il controllo dell'Eurasia centrale, continua nel
ventunesimo secolo con gli Stati Uniti in testa. Quindi, mentre l'Afghanistan
costituisce il principale punto d'accesso al controllo dell'Asia
Centrale, l'Asia Centrale è a sua volta uno strumento essenziale per
il controllo globale. Questo fatto, insieme
alle approfondite pianificazioni strategiche per un futuro
intervento americano nella regione, è stato discusso in uno studio
del 1997 del Council on Foreign Relations (CFR).
La "Grande Scacchiera" è quella del “primato americano”e dai
suoi imperativi geostrategici. Redatto da un
consulente strategico USA di vecchia data, già consigliere per la
Sicurezza Nazionale sotto l'amministrazione Carter, e cioè Zbigniew
Brzezinski, lo studio del CFR entra nei minimi dettagli per ciò che
riguarda gli interessi statunitensi in Eurasia e la necessità di un
coinvolgimento prolungato e diretto» degli USA in
Asia Centrale, allo scopo di tutelare questi interessi .«quando i continenti
hanno cominciato a interagire sul piano politico circa cinquecento
anni fa, l'Eurasia è stata il centro del potere mondiale», egli
osserva. L'Eurasia comprende tutto il territorio a est della
Germania e della Polonia, tutto il territorio della Russia e della
Cina fino all'Oceano Pacifico, inclusi il Medio Oriente e gran parte
del subcontinente indiano. Brzezinski nota come la chiave per il
dominio sull' Eurasia sia nel controllo delle repubbliche dell'Asia
Centrale. Riconosce poi in Russia e Cina,
entrambe confinanti con l'Asia Centrale, le due principali potenze
che potrebbero minacciare gli interessi USA nella regione; ed è la
Russia la minaccia maggiore. Gli USA devono di conseguenza
riuscire a manipolare le potenze
circostanti, come l'Ucraina, l’Azerbaigian ecc cosi da
contrastare le mosse della Russia e della Cina per controllare
petrolio e gas naturali delle repubbliche dell’Asia centrale (
Turkmenistan, Uzbekistan, Tadzikistan…). L’autore nota inoltre come una
nazione che diventasse egemone nell’Asia Centrale
rappresenterebbe una minaccia diretta al controllo americano .
Ma i "Balcani eurasiatici" sono
infinitamente più importanti come potenziale preda economica:
nella regione c'è un'enorme concentrazione di riserve di gas
naturali e di petrolio, oltre a importanti minerali, tra cui
l'oro. [...] Il consumo mondiale di energia è destinato ad
aumentare molto nei prossimi due o tre decenni. In base ai
calcoli del dipartimento dell'Energia USA si prevede che la
richiesta mondiale aumenterà di più del 50 per cento tra il 1993
e il 2015, e l'aumento più significativo del consumo si
realizzerà in Estremo Oriente. L’impetuoso sviluppo economico
dell'Asia sta già generando massicce spinte verso la ricerca e
lo sfruttamento di nuove fonti di energia, ed è risaputo che le
regioni dell'Asia Centrale e del bacino del Mar Caspio
contengono riserve di gas naturali e di petrolio che potrebbero
fare apparire ridicole quelle del Kuwait, del Golfo, del Messico
o del Mare del Nord. [...] Il Kazakistan è lo scudo e l'Uzbekistan
l'anima dei vari risvegli nazionali della regione. [...]
L'Uzbekistan
è di fatti il primo candidato alla guida dei paesi dell’asia
centrale (...] Una volta che saranno stati costruiti gli
oleodotti diretti verso quell’area , le riserve, veramente
ampie, di gas naturali del Turkmenistan garantiranno un futuro
prospero alla popolazione del paese. [...] Di fatto, il revival
islamico ‑ già appoggiato dall'esterno, non solo dall'Iran ma
anche dall'Arabà Saudita – fornirà probabilmente l’impulso a
mobilitarsi per un nuovo nazionalismo, sempre più dilagante e
determinato a opporsi a a qualsiasi ritorno sotto il controllo
dei russi insomma degli infedeli [...] Quanto al Pakistan, il
suo intere interesse principale è di far crescere la propria
importanza‑ sul piano geostrategico attraverso l'influenza
politica in Afghanistan ‑ e negando all'Iran la possibilità di
esercitare un'influenza simile in Afghanistan e Tadzikistan ‑
per beneficiare, alla fine, dell'eventuale costruzione di un
oleodotto che colleghi l'Asia Centrale con il Mare Arabico`.
[...] Inoltre, i leader russi di buon senso comprendono che
l'esplosione demografica che si prepara nei nuovi Stati
determinerà una situazione esplosiva lungo tutta la loro
frontiera meridionale se questi paesi non riusciranno a
sostenere la propria crescita economica`. Il Turkmenistan [...]
ha attivamente valutato la possibilità di costruire un nuovo
oleodotto attraverso l'Afghanistan e il Pakistan verso il Mare
Arabico". Dalle argomentazioni sopra
riportate l'autore ha poi ricavato: “ Ne segue che è primario
interesse dell’america contribuire a far si che e nessuna
singola potenza conquisti íl controllo di questo spazio
geopolitíco, e che la comunità globale possa avervi accesso
finanziario ed economico senza incontrare alcun Egli giunge poi alla conclusione
più importante: «Se non c'è un coinvolgimento americano diretto
e prolungato, in tempi non così lunghi forze del disordine
globale potrebbero giungere a dominare la scena del pianeta. La possibilità di una dissoluzione è
insita nelle tensioni politiche non solo dell’attuale Eurasia,
ma del mondo in generale». Queste osservazioni sono strettamente
legate al principale punto d'interesse del Council of Foreign Relations, cioè il mantenimento
del dominio globale statunitense.
ultimo decennio del ventesimo secolo ha visto un colossale
cambiamento della situazione mondiale. Per la prima volta una
potenza non eurasiatica è divenuta non solo il principale
arbitro delle relazioni tra le potenze eurasiatiche, ma anche la
potenza suprema del pianeta. La sconfitta e il crollo
dell'Unione Sovietica hanno rappresentato il passo finale della
rapida ascesa di una potenza dell'emisfero occidentale, gli
Stati Uniti, che è l'unica e, in realtà, la prima potenza
veramente globale". [... ] Ma adesso è assoo1utamente
necessario che non emerga nessuno sfidante eurasiatico capace di
dominare l'Eurasia, e quindi anche di sfidare 'America. Lo
scopo di questo libro è dunque la formulazione di una geostrategia eurasiatica complessiva e integrata. [...] Per
l'America, la principale posta in gioco, dal punto di vista
geopolitico, è l'Eurasia. [...] Ora, una potenza non eurasiatica
è preminente in Eurasia e il primato globale dell'America
dipende direttamente da quanto a lungo, e con quanta efficacia,
verrà mantenuta la sua preponderanza sul continente
eurasiatico''. [...] In tale contesto, il modo in cui l'America
"gestisce" l'Eurasia è un elemento critico. Si tratta del più
vasto continente del globo, centrale dal punto di vista
geopolitico. La potenza che lo dominasse controllerebbe due
delle tre aree più avanzate ed economicamente produttive. Basta
inoltre un semplice sguardo alla carta geografica per cogliere
che il controllo dell' Eurasia comporterebbe quasi
automaticamente la subordinazione dell'Africa, rendendo
l'emisfero occidentale e l'Oceania geopoliticamente periferici
rispetto al continente centrale del mondo. Circa il 75 per cento
della popolazione mondiale vive in Eurasia, e anche buona parte
della ricchezza materiale del mondo si trova qui, sia per quanto
riguarda le attività commerciali sia per quanto riguarda le
risorse del suolo. L'Eurasia totalizza il 60 per cento del PNL
del mondo, e circa i tre quarti delle risorse energetiche
conosciute. [. . .] Sono
necessari due passi fondamentali: primo, identificare gli Stati
eurasiatici geostrategicamente dinamici, che
hanno la capacità di produrre un cambiamento potenzialmente
importante nella distribuzione internazionale del potere e
riconoscere gli obiettivi esterni fondamentali delle loro elite
politiche, nonché le probabili conseguenze dei loro tentativi di
raggiungerli; [...] secondo, formulare specifiche politiche USA per
controbilanciare, cooptare e/o controllare quanto delineato sopra.
[...]Per metterla in una terminologia che
ricorda la brutale durezza degli antichi imperi, i tre grandi
imperativi della geostrategia imperiale sono quelli di prevenire la
collusione e perpetuare tra i vassalli la dipendenza finalizzata
alla sicurezza, mantenere i tributari docili e protetti e impedire
ai barbari di mettersi insieme''. [...] Quindi può darsi che gli
Stati Uniti debbano decidere come affrontare coalizioni nazionali
che cercassero di spingere l'America fuori dall'Eurasia, minacciando
così il suo status di potenza globale''. [... ] Per questo,
l'appoggio ai nuovi Stati post‑sovietici al fine di insediare un
pluralismo geopolitico al posto dell'ex impero sovietico ‑ deve
essere parte integrante di una politica concepita per indurre la
Russia a esercitare ambiguamente la sua opzione europea. Tra questi
Stati, tre sono particolarmente importanti dal punto di vista
geopolitico: l'Azerbaigian, l' Uzbekistan e l'Ucraina. [...]. L' Uzbekístan, il più vitale in quanto nazione e il più popoloso degli
Stati dell'Asia Centrale, rappresenta il maggior ostacolo a che la
Russia torni ad avere un controllo sulla regione. La sua
indipendenza è basilare per la sopravvivenza degli altri Stati
dell'Asia Centrale, ed è la meno vulnerabile alle pressioni della
Russia. Allargando il discorso, Brzezinski
osserva:Visti i segnali d'allarme
che appaiono in Europa e in Asia, la politica americana, per essere
vincente, dovrebbe focalizzarsi sull'Eurasia nel suo complesso ed
essere guidata da un progetto geostrategico. Ciò pone l'accento sulle manovre e la
manipolazione necessarie a prevenire l'emergere di una coalizione
ostile che possa cercare di minacciare il primato dell'America.
[...]. "Il compito più immediato è quello di assicurare che nessuno
Stato o unione di Stati conquisti la capacità di espellere gli
Stati Uniti dall'Eurasia, o anche di sminuirne in modo significativo
il decisivo arbitrato. [...] Alla lunga, la politica globale
diventerà sempre meno congeniale alla concentrazione del potere
egemonico nelle mani di un singolo Stato. E quindi l'America non
solo è la prima, oltre che la sola, vera superpotenza globale; ma
probabilmente è anche destinata a essere l'ultima".
Quello che afferma
subito dopo l'ex consigliere alla Sicurezza Nazionale è di
fondamentale importanza:
"Inoltre, dato che
l'America sta diventando una società sempre più multiculturale, può
essere difficile suscitare consenso sulle questioni di politica
estera, eccetto che nel caso di una minaccia esterna diretta,
veramente grande e percepita in modo generalizzato".
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