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LA STRATEGIA DEL TERRORISMO

 

L’ultima minaccia  del terrorismo all’ Italia e a Berlusconi in particolare, di gravi attentati se il governo italiano non ritira le truppe dall’Iraq, induce a qualche riflessione.

Sembra indubbio, ed è ovvio, che il terrorismo persegua una strategia politica. Così come per la Spagna è ovvio che il terrorismo  abbia interesse a che ci sia un cambio della guardia in quei governi che più hanno sostenuto la guerra. Non è questione di destra o sinistra, ma di guerra si, guerra  no. In fondo Blair presiede un governo di sinistra, anche se continuo a chiedermi cosa abbia di sinistra Blair…. sinistro è sinistro, ma per il resto!

Se questa è la strategia allora sono legittime le grida di chi, soprattutto a destra, sostiene che il cambio della guardia in Spagna è stata una  vittoria del terrorismo e per converso una sconfitta dell’intero mondo occidentale?

Io dico fermamente di no.

La guerra fa solo il gioco  di chi, da opposti fronti, vuole una guerra di religione, mondiale, occidente contro islam. La guerra è la vittoria di tutti coloro che nella guerra, nel caos prosperano arricchendosi.

Ma credo ci sia anche un ‘altra ragione. Il caos, la paura giustificano governi sempre più autoritari che, con la scusa della difesa dei nostri valori, continuano ad attaccare invece i nostri diritti. Diritti conquistati con lotte, sacrifici, frutto anche di evoluzioni culturali e sociali. Ma il turbo capitalismo soffre delle gabbie e degli impedimenti e i diritti della gente vengono visto appunto come impedimenti agli affari loro!

Ci dissero che questa guerra avrebbe comunque ridotto il costo del petrolio, che ciò era essenziale per lo sviluppo dell’occidente  (e per il mantenimento dell’alto tenore di vita), imponendo di tacere a quelle anime belle che erano contro la guerra  perché poi quelle stesse anime avrebbero protestato duro se non si poteva accendere il riscaldamento d’inverno e l’aria condizionata nelle macchine.

Molti furono acquistati, per stupidità o  per egoismo a questo tipo di ragionamento, che ha una sua logica, perversa, ma pur sempre reale.

Purtroppo per lor signori la guerra ha fatto schizzare alle stelle il prezzo del barile che, in questi giorni, tocca i massimi storici.

Il barile di petrolio nel '98 toccò il minimo di 10 $ al barile, ora siamo a 45 $ . Dove finisce questo surplus di prezzo?

Principalmente nelle tasche del governo americano, che ha interessenze forti in molte delle sette sorelle. Poi nelle tasche delle sette sorelle e quindi ai paesi produttori.

Notare che il governo americano è zeppo di personaggi, a cominciare da Bush e tutta la sua famiglia, che hanno interessi grandissimi nell’industria petrolifera.

In pratica coloro che hanno fortemente voluto questa guerra sono gli stessi che grazie a quella si arricchiscono. Cristo, altro che il piccolo conflitto di interessi del nostro nanetto.

Questi pagliacci giocano con il mondo.

Chi lo paga il surplus? L’utente finale, quello che mette la benzina nella macchina, cioè tu, io, tutti noi.

Il giochino fu fatto paro paro, nella prima guerra del golfo. Anche allora miliardi di dollari di surplus ingrassarono gli stessi soggetti che hanno ripetuto il giochino.

La cosa migliore da fare sarebbe uno sciopero della benzina. Non prendere la macchina finchè non cala il prezzo. Ma sappiamo tutti che non è possibile, nessuno vi rinuncia, per costrizione, per necessità, per pigrizia.

Chi regge i fili lo sa e ne approfitta.

Ma veniamo alla domanda centrale: un cambio della guardia in alcuni governi, sotto la pressione del terrorismo costituirebbe una vittoria di quest ’ultimo?

Ancora una volta no. Questa guerra non era necessaria, in qualunque caso le motivazioni date in pasto all’opinione pubblica erano una bufala come si è dimostrato. Nessun arma di distruzione di massa, Saddam era un pericolo solo per il suo popolo.

Ma non ci si venga a raccontare la barzelletta che la guerra è stata fatta per motivi umanitari e in nome dell’alto valore della democrazia.

Davvero mi imbufalisco se penso al numero di dittatori che governano tantissimi paesi, a cominciare dal Pakistan che c’ha l’atomica, alla Corea che prosegue i sui esperimenti nucleari. Divento addirittura cattivo se penso che i governi americani hanno sostenuto in America Latina, e nel Sud-est Asiatico fior di assassini ( Pinochet, Videla, Somoza, Fujimori, Suharto….). Quindi la smettessero con ste’ frottole.

Senza contare che Saddam, come anche Bin Laden, erano stati messi su e armati dagli stessi americani, il primo in funzione anti Khomeini, il secondo in funzione antisovietica. Si dovevano praticare altre strade se proprio si voleva liberarsi di Saddam e non gettare il mondo sull’orlo del baratro per la stupidità di alcuni.

Le opinioni pubbliche mondiali erano contrarie, anzi contrarissime alla guerra. I governi hanno deciso per tutti creando una grave crisi di rappresentanza democratica. Se il parere del popolo, che dovrebbe essere il massimo potere ( seppure un potere mediato e non diretto) delle democrazie occidentali, non conta di fronte a scelte  vitali come questa, qual è il significato della Democrazia? (1)

Sostengo da sempre che se in Italia  ci fosse stato un governo di sinistra ( con tutti i limiti della nostra sinistra), probabilmente l’Europa non si sarebbe spaccata, formando fronte compatto contro l’invio di truppe in Iraq,  gli americani non avrebbero trovate sponde e per loro sarebbe stato un tantino più difficile partire per la guerra.

Certo manca la controprova, ma lo scenario descritto sarebbe stato probabile.

Il problema generale non sarebbe stato risolto dal non invio di truppe, perché ci troviamo di fronte a qualcosa di molto più vasto. Ma questa è altra storia.

Oramai però per questo è tardi.

C’è da sperare che a novembre un cambio della guardia al governo americano possa indurre ad una politica diversa. Non che io speri che l’america la smetta con la sua politica imperiale. Da questo punto di vista, democratici o repubblicani, i presidenti americani non  hanno mai discusso alla radice la politica coloniale americana e la strategia chiaramente egemonica nei confronti del resto del mondo.

Mai nessuno  di loro ha pensato che la democrazia, se proprio la si vuole esportare (ma ci sarebbe da discutere seriamente) lo si dovrebbe fare con l’esempio e non con le bombe, gli omicidi e le manovre oscure!!

Comunque con Kerry al posto di questo cowboy idiota di Bush magari sarà possibile cercare una strategia che consenta la cessazione della violenza ed una soluzione politica alla vicenda mediorientale. Che passa necessariamente per la risoluzione della questione Palestina con l’imposizione agli Israeliani di rispettare le risoluzioni dell’Onu e di  cessare immediatamente la politica stragista nei confronti del popolo palestinese, per arrivare ad un negoziato vero che dia conto delle ragioni di entrambi.

La cosa non sarà facile, perché il caos creato da quest ’amministrazione Bush è grandissimo e soluzioni semplici non ve ne sono.

La caduta di Bush porterà molto probabilmente alla caduta di Berlusconi, ricompattando un fronte europeo, almeno  sulla strategia per l’Iraq, con indubbio giovamento per il nostro paese.

La mia considerazione generale è che alla violenza quasi mai vale la pena di rispondere con la violenza.

Saddam andava fermato dalla politica.

Alla violenza terroristica si risponde con operazioni di intelligence e di polizia, ma soprattutto con una politica a livello globale ( quindi da parte degli americani che la determinano) che puntasse alla redistribuzione e non allo sfruttamento, che permettesse a quei popoli di avere una vita decente lasciandogli altri sbocchi oltre a quello del terrorismo e della violenza. Favorendo i governi moderati in una politica di aperture e riforme.
Per quanto difficile questa a mio avviso è l’unica strada.

Del resto il fallimento totale della  risposta violenta alla violenza l’abbiamo sperimentata: ha portato solo ad una spirale tragiche di cui non si vede la fine. Un mondo impazzito i cui tempi sono scanditi dalle esplosioni degli attentati e dalle stragi quotidiane.

Ne vale la pena?

In conclusione trovo ridicole le affermazioni  di chi sostiene che mandando via  Aznar, si è fatto un favore al terrorismo; idem per chi sostiene che Berlusconi ha avuto il merito della fermezza contro il terrorismo.

I Berlusconi, gli Aznar, i Bush il terrorismo l’hanno fomentato. Prima dell’invasione dell’Iraq non c’era certo un terrorismo cosi esteso. Certo l’11 settembre, ma quello è un episodio che è ancora da indagare e da chiarire, non solo per le dinamiche, ma soprattutto per gli esecutori e i mandanti.

Che il terrorismo abbia avuto un ‘imnpennata dall’invasione dell’Iraq in poi è sotto gli occhi di tutti, solo che il controllo dell’informazione permette di ribaltare anche la realtà invertendo le responsabilità.
la responsabilità del terrorismo è di chi ha invaso un paese seminando lutti e tragedie ( torture comprese) non di chi, in qualunque modo si oppone a tutto ciò!

Un'ultima considerazione.

Queste riflessioni hanno valore solo se si suppone che la realtà non si ancora più torbida. Cioè che l’attentato dell’11 settembre non  veda la manina di qualche servizio americano più o meno deviato, che la guerra non abbia motivi ancora più oscuri, e che  non abbiano ragione i dietrologi a credere che esista un potere oscuro in grado di pilotare le scelte di governi, di fare guerre, di eleggere capi di stato…

Di determinare attentati per far si che la gente impaurita si stringa intorno ai valori della patria, la bandiera ecc ecc, appannaggio dell’oligarchia che ha determinato questa guerra ma anche tutte le altre.

Non ho nessuna prova per questo, e probabilmente non ce ne saranno mai, ma una vocina di dentro mi dice di tener presente anche questo aspetto.

 

Pummarulella 12/8/04

 

 

(1) Se si legge il saggio di Massimo Fini “Sudditi” ci si rende conto come le nostre democrazie non sono affatto tali, ma delle vere oligarchie dove delle minoranze organizzate e che detengono gli strumenti del potere sono in grado di prevaricare maggioranze che , in quanto disorganizzate ed incapaci di aggregarsi, finiscono per soccombere al volere dei pochi. Queste oligarchie sempre più tendono al dominio dell’informazione in modo da controllore alla fonte la formazione stessa del consenso che viene fuorviata e pilotata.

 

                

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