Rapisarda & Dell'Utri |
da :
http://old.lapadania.com/1998/settembre/23/230998p10a1.htm
PALERMO /
Cronaca di un'amicizia tra mafiosi finita con le accuse in un'aula
di tribunale
Rapisarda spara su Dell'Utri
Il finanziere siciliano conferma che i boss diedero soldi alla
Fininvest
di TIZIANA LENZO
PALERMO «Fu Gaetano Cinà a presentarmi
Marcello Dell'Utri. Un giorno Cinà venne a trovarmi invitandomi ad
assumere i fratelli Dell'Utri. E io non dissi di no. Sapevo bene,
infatti, che era vicino se non addirittura parente di Stefano
Bontade, noto mafioso, che io stesso avevo conosciuto, e fu solo per
questo che acconsentii alla richiesta».Davanti ai magistrati della
seconda sezione del Tribunale di Palermo, che dovranno giudicare
l'ex manager di Publitalia, il racconto di un'amicizia trasformata
in accuse giudiziarie: quella tra Dell'Utri e Filippo Alberto
Rapisarda.Entrambi siciliani, uno di Palermo, l'altro della
provincia di Caltanissetta, si conoscono a Milano al numero 7 di via
Chiaravalle dove hanno sede l'"Inim" e la "Bresciano", società di
proprietà di Rapisarda. È il 1977. Rapisarda è a Milano già da
qualche anno.«Nel 1956, avevo 18 anni, mi trasferii a Roma.
Successivamente, tra il '62 e il '63, andai a Milano e solo
saltuariamente tornavo in Sicilia». Così sul pretorio il "grande
accusatore", assistito dagli Silvio Romanelli e Paola Mora (che è
anche sua moglie), inizia il suo racconto. Nelle sue parole sfila la
"Milano da bere", la città vista come l'Eldorado dai giovani del Sud
in cerca di successo, ma sfilano anche capitali mafiosi che alla
fine degli anni '70 sarebbero finiti nelle aziende di Berlusconi con
la mediazione di Dell'Utri. In quegli anni Berlusconi diventa uno
dei più importanti imprenditori milanesi e si espone, quindi, alla
pericolosa attenzione di gruppi criminali operanti in città, e anche
della stessa Cosa Nostra». In quest'ottica si inserirebbero anche le
"trattative", riferite da Rapisarda, condotte da Dell'Utri. E in
quest'ottica rientrerebbe la sua assunzione alle dipendenze di
Rapisarda e successivamente la riassunzione da parte di Berlusconi.
Marcello Dell'Utri rimane con Rapisarda cinque anni, fino a quando
l'imprenditore si rifugia in Venezuela per sfuggire a un mandato di
cattura per bancarotta fraudolenta. «Prima di andare via, incontrai
Bontate e Teresi che avevano un appuntamento con Marcello e mi
chiesero un'opinione sulle tv commerciali. Dopo alcuni giorni li
trovai in via Chiaravalle con i soldi nei sacchi: avevano consegnato
i primi dieci miliardi a Dell'Utri». Parole pesanti, accuse
tremende. Dal Sudamerica all'Europa, Rapisarda racconta la sua
latitanza: «Dal Venezuela tornai in Europa e mi stabilii a Parigi.
Abitai prima in casa di un'amica bulgara, poi mi spostai in un
appartamento affittato da Dell'Utri in Rive Gauche a circa cento
metri dall'Etoile. Ma lì rimasi solo due, tre mesi, perché cominciai
ad avere sospetti su Dell'Utri e decisi di trasferirmi in un altro
edificio, anche perché la mia latitanza mi imponeva di non rimanere
a lungo nello stesso posto. Così mi trasferii in un appartamento di
proprietà di Omar Sharif, e successivamente in un edificio dove
abitavano anche Sophia Loren e Carlo Ponti».Rapisarda ricostruisce
anche un presunto summit che sarebbe avvenuto intorno all'80 a
Parigi. Un incontro riservato con il boss Stefano Bontate e Marcello
Dell'Utri. E sarebbe stato proprio durante questo "summit" che Dell'Utri
avrebbe chiesto al capomafia 20 miliardi. Un "prestito" che sarebbe
dovuto servire ad aiutare il gruppo Fininvest, allora in difficoltà.
Ancora Rapisarda: «A Parigi ricevetti la visita di Marcello Dell'Utri.
Avevamo appuntamento al bar del "George V" ma con mia grande
sorpresa lì vidi anche Bontate e Mimmo Teresi con cui Dell'Utri di
appartò per discutere. Quindi andammo nell'appartamento dove Dell'Utri
chiese di avere del denaro per acquistare un pacchetto di film per
Canale5, dal momento che non avevano liquidi neppure per pagare gli
stipendi. Il finanziamento venne proposto come un prestito per lo
sviluppo delle tv». Il teste racconta anche delle minacce ricevute
dal boss Alfredo Bono per ritrattare le accuse all'ex manager di
Publitalia: «Conosco Alfredo Bono dal '58, eravamo ragazzi,
correvamo insieme con le auto, poi mi spiegarono chi era, capii che
apparteneva ad un certo ambiente. Ero sempre gentile con lui perché
non volevo mettermi contro questa gente. Ma dopo la mia prima
deposizione del primo agosto 1996, Bono venne a minacciarmi. E
questo non accadde una sola volta. Venne più volte con la scusa di
chiedere dei soldi, ma poi mi chiedeva sistematicamente di
ritrattare». Finita la latitanza e tornato in Italia, Rapisarda
trova un potente Dell'Utri alla "corte" di Berlusconi, viene
coinvolto nel crac miliardario dell'impresa di costruzioni Bresciano,
e punta l'indice contro Dell'Utri e il suo gemello Alberto. Ai
magistrati Rapisarda racconta dei rapporti tra il manager,
Berlusconi e Cosa Nostra. L'inchiesta però viene archiviata e tra i
due torna il sereno. «Capii che loro erano talmente forti nel
mercato che dovevo per forza ingraziarmeli, così feci finta di
niente. Con Dell'Utri ritornammo ad essere amici, addirittura sua
moglie battezzò mia figlia, che oggi ha nove anni». Nel '93 viene
aperta la prima sede di Forza Italia. Rapisarda: «Dell'Utri mi disse
che bisognava costituire un movimento politico per contrastare
l'eventuale ascesa della sinistra. Mi sottolineò che se il partito
di Occhetto fosse salito al potere, noi saremmo finiti in galera e
ci sarebbe stato tolto tutto. Così diedi i soldi a Forza Italia e
successivamente anche a Gianfranco Micciché (coordinatore regionale
di Forza Italia in Sicilia, ndr)».Il manager accusato di concorso
esterno in associazione mafiosa ascolta impassibile. Alla
sospensione dell'udienza, Dell'Utri si lascia andare, e dichiara:
«Ultimamente lo capisco. Per fare dichiarazioni simili Rapisarda
deve davvero essere arrivato al limite della sua esistenza. È nei
guai fino al collo, è disperato, queste sue accuse sono un estremi
tentativo di salvataggio. I Pm certo devono fare il loro lavoro, ma
mi meraviglia ugualmente il fatto che gli stiano ancora dietro». Sui
presunti incontri con Bontate e Teresi e sui finanziamenti di Cosa
Nostra, Dell'Utri è laconico: «Non è vero niente». Sul club di Forza
Italia aperto in via Chiaravalle a Milano, Dell'Utri invece
commenta: «Il club lo ha aperto lui spontaneamente, nel suo
interesse e tornaconto».Ma cosa ha spinto Rapisarda ad accusarlo?
«Questo non so e non posso dirlo, so solo che mente». Già, mente...
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PALERMO / Cronaca di un'amicizia
tra mafiosi finita con le accuse in un'aula di tribunale
Rapisarda spara su Dell'Utri
Il finanziere siciliano conferma che i boss
diedero soldi alla Fininvest
di TIZIANA LENZO
PALERMO «Fu Gaetano Cinà a presentarmi
Marcello Dell'Utri. Un giorno Cinà venne a trovarmi
invitandomi ad assumere i fratelli Dell'Utri. E io non dissi
di no. Sapevo bene, infatti, che era vicino se non
addirittura parente di Stefano Bontate, noto mafioso, che io
stesso avevo conosciuto, e fu solo per questo che
acconsentii alla richiesta».Davanti ai magistrati della
seconda sezione del Tribunale di Palermo, che dovranno
giudicare l'ex manager di Publitalia, il racconto di
un'amicizia trasformata in accuse giudiziarie: quella tra
Dell'Utri e Filippo Alberto Rapisarda.Entrambi siciliani,
uno di Palermo, l'altro della provincia di Caltanissetta, si
conoscono a Milano al numero 7 di via Chiaravalle dove hanno
sede l'"Inim" e la "Bresciano", società di proprietà di
Rapisarda. È il 1977. Rapisarda è a Milano già da qualche
anno.«Nel 1956, avevo 18 anni, mi trasferii a Roma.
Successivamente, tra il '62 e il '63, andai a Milano e solo
saltuariamente tornavo in Sicilia». Così sul pretorio il
"grande accusatore", assistito dagli Silvio Romanelli e
Paola Mora (che è anche sua moglie), inizia il suo racconto.
Nelle sue parole sfila la "Milano da bere", la città vista
come l'Eldorado dai giovani del Sud in cerca di successo, ma
sfilano anche capitali mafiosi che alla fine degli anni '70
sarebbero finiti nelle aziende di Berlusconi con la
mediazione di Dell'Utri. In quegli anni Berlusconi diventa
uno dei più importanti imprenditori milanesi e si espone,
quindi, alla pericolosa attenzione di gruppi criminali
operanti in città, e anche della stessa Cosa Nostra».In
quest'ottica si inserirebbero anche le "trattative",
riferite da Rapisarda, condotte da Dell'Utri. E in
quest'ottica rientrerebbe la sua assunzione alle dipendenze
di Rapisarda e successivamente la riassunzione da parte di
Berlusconi. Marcello Dell'Utri rimane con Rapisarda cinque
anni, fino a quando l'imprenditore si rifugia in Venezuela
per sfuggire a un mandato di cattura per bancarotta
fraudolenta. «Prima di andare via, incontrai Bontate e
Teresi che avevano un appuntamento con Marcello e mi
chiesero un'opinione sulle tv commerciali. Dopo alcuni
giorni li trovai in via Chiaravalle con i soldi nei sacchi:
avevano consegnato i primi dieci miliardi a Dell'Utri».
Parole pesanti, accuse tremende. Dal Sudamerica all'Europa,
Rapisarda racconta la sua latitanza: «Dal Venezuela tornai
in Europa e mi stabilii a Parigi. Abitai prima in casa di
un'amica bulgara, poi mi spostai in un appartamento
affittato da Dell'Utri in Rive Gauche a circa cento metri
dall'Etoile. Ma lì rimasi solo due, tre mesi, perché
cominciai ad avere sospetti su Dell'Utri e decisi di
trasferirmi in un altro edificio, anche perché la mia
latitanza mi imponeva di non rimanere a lungo nello stesso
posto. Così mi trasferii in un appartamento di proprietà di
Omar Sharif, e successivamente in un edificio dove abitavano
anche Sophia Loren e Carlo Ponti».Rapisarda ricostruisce
anche un presunto summit che sarebbe avvenuto intorno all'80
a Parigi. Un incontro riservato con il boss Stefano Bontate
e Marcello Dell'Utri. E sarebbe stato proprio durante questo
"summit" che Dell'Utri avrebbe chiesto al capomafia 20
miliardi. Un "prestito" che sarebbe dovuto servire ad
aiutare il gruppo Fininvest, allora in difficoltà. Ancora
Rapisarda: «A Parigi ricevetti la visita di Marcello Dell'Utri.
Avevamo appuntamento al bar del "George V" ma con mia grande
sorpresa lì vidi anche Bontate e Mimmo Teresi con cui Dell'Utri
di appartò per discutere. Quindi andammo nell'appartamento
dove Dell'Utri chiese di avere del denaro per acquistare un
pacchetto di film per Canale5, dal momento che non avevano
liquidi neppure per pagare gli stipendi. Il finanziamento
venne proposto come un prestito per lo sviluppo delle tv».Il
teste racconta anche delle minacce ricevute dal boss Alfredo
Bono per ritrattare le accuse all'ex manager di Publitalia:
«Conosco Alfredo Bono dal '58, eravamo ragazzi, correvamo
insieme con le auto, poi mi spiegarono chi era, capii che
apparteneva ad un certo ambiente. Ero sempre gentile con lui
perché non volevo mettermi contro questa gente. Ma dopo la
mia prima deposizione del primo agosto 1996, Bono venne a
minacciarmi. E questo non accadde una sola volta. Venne più
volte con la scusa di chiedere dei soldi, ma poi mi chiedeva
sistematicamente di ritrattare». Finita la latitanza e
tornato in Italia, Rapisarda trova un potente Dell'Utri alla
"corte" di Berlusconi, viene coinvolto nel crac miliardario
dell'impresa di costruzioni Bresciano, e punta l'indice
contro Dell'Utri e il suo gemello Alberto. Ai magistrati
Rapisarda racconta dei rapporti tra il manager, Berlusconi e
Cosa Nostra. L'inchiesta però viene archiviata e tra i due
torna il sereno. «Capii che loro erano talmente forti nel
mercato che dovevo per forza ingraziarmeli, così feci finta
di niente. Con Dell'Utri ritornammo ad essere amici,
addirittura sua moglie battezzò mia figlia, che oggi ha nove
anni». Nel '93 viene aperta la prima sede di Forza Italia.
Rapisarda: «Dell'Utri mi disse che bisognava costituire un
movimento politico per contrastare l'eventuale ascesa della
sinistra. Mi sottolineò che se il partito di Occhetto fosse
salito al potere, noi saremmo finiti in galera e ci sarebbe
stato tolto tutto. Così diedi i soldi a Forza Italia e
successivamente anche a Gianfranco Micciché (coordinatore
regionale di Forza Italia in Sicilia, ndr)».Il manager
accusato di concorso esterno in associazione mafiosa ascolta
impassibile. Alla sospensione dell'udienza, Dell'Utri si
lascia andare, e dichiara: «Ultimamente lo capisco. Per fare
dichiarazioni simili Rapisarda deve davvero essere arrivato
al limite della sua esistenza. È nei guai fino al collo, è
disperato, queste sue accuse sono un estremi tentativo di
salvataggio. I Pm certo devono fare il loro lavoro, ma mi
meraviglia ugualmente il fatto che gli stiano ancora
dietro». Sui presunti incontri con Bontate e Teresi e sui
finanziamenti di Cosa Nostra, Dell'Utri è laconico: «Non è
vero niente». Sul club di Forza Italia aperto in via
Chiaravalle a Milano, Dell'Utri invece commenta: «Il club lo
ha aperto lui spontaneamente, nel suo interesse e
tornaconto».Ma cosa ha spinto Rapisarda ad accusarlo?
«Questo non so e non posso dirlo, so solo che mente».Già,
mente...
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