M.Travaglio
luglio 2005
Le scalate all’Antonveneta
e alla Bnl nelle mani dei giudici.
I campionati di calcio di serie A, B, C nelle mani dei giudici.
Il presidente del Consiglio e i suoi cari, tanto per cambiare, nelle
mani dei giudici.
Il capo del Sismi, generale Mario Mori, quello che deve difenderci
dal terrorismo con l’intelligence, nelle mani dei giudici (deve
rispondere di favoreggiamento alla mafia per essersi “dimenticato”,
dopo l’arresto di Totò Riina, di perquisirgli il covo, lasciandolo
perquisire alla mafia).
Un centinaio di parlamentari (su 945) nelle mani dei giudici.
Il grosso degli imprenditori e dei finanzieri e dei banchieri più
noti del paese nelle mani dei giudici.
La (finta) guerra Rai-Mediaset per i diritti del calcio nelle mani
dei giudici.
Un paese intero, a cominciare dalle sue cosiddette classi dirigenti,
nelle mani dei giudici.
Forse, invece di continuare a recitare la litania dell’”invasione di
campo della magistratura”, della “giustizia a orologeria”, del
“primato” della politica o dell’economia, o invece di varare
l’ennesima legge per salvare questo e quello da fantomatiche
“persecuzioni” (grandiose le maratone anti-Caselli e salva-Previti
mentre tutto il mondo si attrezza contro il terrorismo), sarebbe il
caso di domandarsi una volta per sempre il perché di tutto ciò.
Sono i giudici che debordano o sono le classi dirigenti che
delinquono?
Nel primo caso, si tagliano le unghie ai giudici (cosa che peraltro
avviene da dieci anni e più a questa parte).
Nel secondo, si decide il da farsi. Magari mandando queste classi
dirigenti, se non in galera, almeno a casa. Se qualche autorità di
controllo extra-giudiziaria funzionasse e riuscisse a mandarle a
casa per tempo, i giudici processerebbero degli ex, dei pensionati,
dei trombati. E i contraccolpi – politici, finanziari, sportivi -
dei loro processi sarebbero nulli. Invece chi più delinque più
avanza in carriera e, quando arrivano i giudici, il delinquente è
più che mai al potere.
Prendiamo il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e il
patron di Bpl alla conquista dell’Antonveneta, il padano Giampiero
Fiorani. Il primo è l’arbitro (si fa per dire), il secondo il
giocatore di una partita contro una banca concorrente olandese.
Senonchè, appena gli si controlla il telefono, si scopre che il
giocatore è d’accordo con l’arbitro.
Lo chiama “Tonino”. Gli telefona. Lo vede clandestinamente,
all’insaputa del concorrente straniero, convinto chissà da chi che
in Italia regni il libero mercato. “Ho messo adesso la firma”, dice
Fazio a Fiorani un mese fa, in piena notte, preannunciandogli l’ok
alla sua Opa appena bocciata dalla vigilanza della stessa Bankitalia.
“Sono commosso, ho la pelle d’oca”, dice Fiorani al governatore, che
risponde: “Vieni domani, ma passa come al solito da dietro”. Giampi
e Tonino sono pappa e ciccia, alla facciazza degli olandesi.
Due piccioncini, per non parlare della moglie di Fazio, la
governatora, attivissima anche lei al telefonino. “Grazie, Tonino –
dice Giampi - ti darei un bacio sulla fronte. Se potessi, prenderei
un aereo e verrei a Roma adesso”. Sembra un film di Totò (“Birra e
salsicce”), invece sono il controllore e il controllato della quinta
potenza industriale del mondo, che parlano anche dei loro amichetti:
Gennaro, don Gigi e ovviamente Stefano Ricucci.
Il mondo capitalista serio si stropiccia gli occhi e dirotta i suoi
prossimi investimenti dall’Italia alla Romania. Da noi intanto,
anzichè spazzare via questa gente senz’aspettare i tribunali, è
tutto un discettare sulla magistratura milanese che ha osato
intercettare il governatore (falso: erano intercettati gli altri,
che col governatore non avrebbero dovuto parlare).
Un dito grosso così indica la luna, e i cretini continuano a
guardare il dito. O meglio, i banditi. |