Tratta da:
http://www.librialice.it/news/primo/vidal_gore.htm
Intervista a un protagonista della Storia contemporanea
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Un'intervista che ci è stata rilasciata da
Gore Vidal pochi giorni prima dell'attacco
terroristico alle Twin Towers. Abbiamo ritenuto
opportuno rimandarne per un certo periodo la
pubblicazione proprio per il contenuto
fortemente critico nei confronti degli Stati
Uniti. Oggi, alla luce dell'uscita di un nuovo
libro dello scrittore americano, pensiamo possa
essere interessante leggere alcune sue
riflessioni immediatamente precedenti i tragici
eventi dell'11 settembre. |
Lei è stato un protagonista della seconda metà del XX
secolo.
Grazie
alla posizione strategica del luogo in cui sono nato e
alla particolare famiglia a cui appartengo posso dire
che la Storia è stata per me un'esperienza personale. La
formazione dell'impero anglo-americano e la caduta della
Germania sono stati gli avvenimenti fondamentali degli
anni Quaranta. Sono cresciuto a Washington in ambiente
politico e ho iniziato a scrivere in un periodo molto
importante per la storia mondiale.
Ha fatto delle dichiarazioni sconvolgenti relative
all'entrata in guerra degli Usa nella Seconda guerra
mondiale.
L'ottanta
per cento degli americani era contrario all'entrata in
guerra, ma so che Roosevelt, la cui vedova Eleanor era
una mia cara amica, ha voluto la guerra anche per
salvare la Gran Bretagna da una possibile invasione.
Ma allora è vero che il presidente Roosevelt sapeva che
il Giappone avrebbe attaccato e l'ha tenuto nascosto proprio
perché voleva l'entrata in guerra?
Roosevelt
è stato il nostro Augusto, il nostro imperatore. Era
molto acuto, straordinariamente intelligente, era il
nostro Machiavelli. Sapeva che bisognava andare in
guerra perché Hitler aveva instaurato una situazione
insopportabile in Europa e ovviamente non voleva che
l'Europa "morisse". Considerava Hitler una specie di
virus, una malattia grave per l'umanità, doveva però
convincere gli americani che era necessario entrare in
guerra, trovare un pretesto credibile. Negli anni
Quaranta, quando ero ragazzo, vivevo a Washington in un
ambiente immerso nella politica: mio nonno infatti era
Presidente del Senato americano e odiava Roosevelt,
mentre mio padre lo ammirava.
Che cosa avvenne allora?
Ci
convinsero che i giapponesi erano dei "subumani", quasi
degli animali che ci odiavano perché eravamo belli,
ricchi e grassi. Roosevelt cercava in tutti i modi di
provocare il Giappone perché attaccasse per primo. I
giapponesi avevano fatto un accordo con tedeschi e
italiani, il famoso patto tripartito, e quindi il
presidente pensava che se il Giappone avesse attaccato
saremmo entrati in guerra. Ma erano loro a dover fare la
prima mossa, dovevano fare un errore. A questo scopo
furono provocati per un intero anno: nel novembre del
'41 due ambasciatori giapponesi vennero a Washington e
Roosevelt fece alcuni gesti per aizzarli contro di noi.
Per prima cosa chiese che i nipponici lasciassero la
Cina e poi che rinunciassero al patto tripartito con
Germania e Italia. I giapponesi chiesero di raggiungere
un compromesso, ma Roosevelt rifiutò, dichiarando che se
non avessero rispettato quei patti avrebbe tagliato i
fondi, avrebbe tolto al Giappone petrolio, risorse
naturali, materie prime. Quindi non gli restò che
aspettare. Gli Stati Uniti infransero tutti i codici
militari e mentre noi sapevamo tutto sulle mosse del
nemico, loro erano all'oscuro dei nostri piani. Dovevano
attaccare per primi e lo fecero, come tutti sanno, a
Pearl Harbour. Io entrai nell'esercito a 17 anni nel
1943 e ci restai fino al 1946.
Perché non si è mai parlato di questi episodi?
Tutto
quello ho scritto è risaputo però non lo si può dire
perché va contro a troppi miti patriottici. Noi siamo
andati nel Pacifico a combattere una guerra contro
quelli che, stupidamente, giudicavamo esseri subumani,
il diavolo in persona: non potevano dirci la verità, né
ci era lasciata alcuna possibilità di scelta.
Effettivamente noi stavamo costruendo una marina
potentissima e negli anni successivi, con le nostre
azioni, siamo riusciti a edificare un impero globale:
solo una mente machiavellica poteva programmare tutto
questo. Fino a poco tempo fa però questi fatti erano
sconosciuti a causa del sentimentalismo degli storici.
Non si poteva mettere in dubbio la moralità degli Usa.
Io, con le mie parole, ho provocato una vera e propria
tempesta perché tutti sapevano, esistevano le prove di
tutto quello che ho detto, ma era stato tutto secretato
fino al 1995. In un sistema controllato come quello
degli Stati Uniti è molto forte la censura, che già
inizia dalla scuola primaria quando ai bambini vengono
raccontate le favole. Questo indottrinamento insomma
inizia molto presto e insegna a tutti gli americani che
c'è un solo punto di vista, il nostro, non ne esistono
altri. Pensi che si indicano agli scrittori anche gli
argomenti su cui devono scrivere! Sicuramente molti
intellettuali non sanno queste cose perché non entrano
nei meccanismi della politica, ma nei giornali c'è solo
grande propaganda e l'informazione che arriva
dall'esterno non viene assolutamente tenuta in
considerazione. Negli anni Cinquanta Truman ha tenuto in
stato di guerra gli Stati Uniti, ma agli americani non è
stato detto assolutamente nulla. Solo il Congresso
poteva decidere se andare in guerra o meno. Dopo Pearl
Harbour ci sono state 50 guerre (dalla Corea al Kossovo),
ma nessuna di queste è stata dichiarata, nessuna di
queste era legale. Non se ne può quindi avere una
memoria collettiva. È il Presidente a decidere tutto: se
decide di andare in guerra si va in guerra.
Esistono però molti movimenti di contestazione e di
critica, di difesa dei diritti civili.
Ma
i vari movimenti non producono mai vera cultura,
rimangono sempre in qualche modo schiacciati dal potere
o dopo un po' diventano essi stessi potere. Di diritti
se ne è parlato molto, è un argomento dibattuto, ma le
farei questo esempio: quando un mago mette in una tasca
un coniglio, e con l'altra mano fa vedere un'altra cosa
e si guarda la mano sbagliata, può essere che stia
rubando dei soldi dalle tasche o... stia facendo guerra
al Vietnam. È solo un meccanismo diversivo, una delle
tante cose che servono come lavaggio del cervello.
Mi meraviglio come gli Europei credano a tutte le bugie
che diciamo: controlliamo la tv, i film e anche nelle
tragedie l'America offre sempre un'immagine felice. Le
statistiche dicono che il 20% della popolazione è
benestante, ma è benestante perché lavora per quell'1%
che governa l'America. Nelle ultime elezioni mi è stato
detto che le campagne elettorali di Gore e Bush sono
costate 3 miliardi di dollari, per un'elezione che alla
fine è stata rubata dalla Corte Suprema, e in un paese
dove c'erano due forze molto simili, entrambe
conservatrici...
Che cosa ne pensa del movimento dei no-global?
Stiamo
assistendo alla scomparsa dello stato-nazione, che è
nato con il trattato di Westfalia e ricreato da Lincoln
e Bismarck per opera dei quali è sorto lo stato moderno.
Io credo che Blair sia interessante per le sue scelte di
devoluzione: ha lasciato andare gli Scozzesi e in
qualche modo anche i Gallesi e penso che questa sarà la
direzione che prenderà la Spagna con i Paesi Baschi. Per
ora non dirò nulla riguardo a Bossi... Comunque credo
che oggi esista un movimento sia centrifugo che
centripeto: basti pensare all'Unione Europea e all'Euro.
Credo anche che il movimento dei no-global alla fine sia
salutare, che favorisca un certo scambio di idee e che
magari ci possa anche salvare.
E il problema del cosiddetto "melting pot"?
I
bianchi sono una minoranza nella parte sud della
California, però come non definire bianchi anche gli
ispanici? Certo è che questo è un segno della forza
centripeta del movimento. Il più grande disastro degli
Usa, la guerra del Vietnam, ci ha portato molti asiatici
che ora risiedono nel Golfo del Messico, e hanno
introdotto anche una novità molto particolare: il
Confucianesimo. Confucio crede nell'educazione, nella
morale: se si porta più morale negli Stati Uniti si può
contrastare il fondamentalismo protestante che li
domina.
Secondo lei oggi l'America è cambiata e in che cosa?
È
un impero che però deve sempre mascherare di generosità
i propri interventi all'estero, anche quelli bellici.
Gli Stati Uniti sono il soggetto dei miei libri, ma in
pratica parlo sempre di me, è un affare di famiglia, è
come se io vi chiedessi che cosa pensate di vostro
nonno. Gli Usa seguono in fondo le leggi della fisica,
tutto si distrugge e quindi anche noi iniziamo a perdere
energia. I grandi imperi sono durati per secoli, noi
saremo fortunati se il nostro durerà ancora 10 anni.
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