Tratto da :http://www.corriere.it/sportello-cancro/articoli/2004/06_Giugno/25/terapie_dolore.shtml
Nonostante la modifica delle norme, i medici non la
prescrivono
Ma la morfina è ancora un farmaco "proibito"
Intanto sono in arrivo anche in Italia nuovi medicinali a base di
oppiacei, che gli stessi pazienti possono "modulare".
MILANO - Farmaci
arcinoti (ed estremamente efficaci) che vengono ancora prescritti
col contagocce e nuovi farmaci che stentano ad entrare nel mercato
italiano. E' questo il quadro attuale della lotta al dolore tramite
analgesici, un tema su cui, negli ultimi anni, si sono compiuti
importanti passi avanti con leggi e decreti (a lungo attesi),
direttive sovranazionali (a lungo disattese) e programmi di
formazione e informazione per medici e pazienti. Insomma, si è fatto
molto, ma i risultati, per molti specialisti e soprattutto per gli
ammalati, sono ancora spesso deludenti: secondo un recente rapporto
della
Società italiana di cure palliative (SICP), solo
3 pazienti terminali su cento
ricevono le terapie necessarie a
ridurre il più possibile la sofferenza e a migliorare la qualità di
vita.
Il dolore è un sintomo che, pur non restando circoscritto al mondo
dell'oncologia, tocca
dal
30 al 50 per cento di tutte le persone colpite da un cancro
e diventa quasi una costante (tra
l'80-90 per cento) quando
si parla di pazienti in fase avanzata.
Punto critico del problema restano i
farmaci analgesici oppiacei
che, nonostante
la legge del 2001 che ne facilita la prescrizione e l'uso,
costituiscono solo lo
0,30
per cento del totale
della spesa farmaceutica nazionale, molto al di sotto della maggior
parte dei Paesi europei e molto lontano dalle indicazioni dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità, che considera il consumo pro-capite di
morfina un parametro fondamentale della qualità delle cure
anti-dolore.
Se ne è parlato a lungo in occasione della
III Giornata Nazionale del Sollievo: questi tre anni hanno
dimostrato che gli ostacoli normativi non sono tutto; infatti, una
volta rimossi, hanno lasciato evidenti resistenze e lacune
informative, in primis tra i medici curanti.
"Siamo
ultimi in tutto, sia
nella prescrizione di oppiacei minori che maggiori. L'unico dato
certo è che gli oppiacei 'minori' (codeina, tramadolo, quasi ovunque
a carico del paziente, ndr)
sono più usati di quelli 'maggiori' (morfina, buprenorfina, fentanyl
e metadone, rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale,
ndr) -
spiega la dottoressa Carla Ripamonti, responsabile del Day hospital
e ambulatorio di riabilitazione, terapia del dolore e cure
palliative dell'Istituto
Nazionale Tumori di Milano. -
La
morfina non si usa, anche
se è mutuabile, costa poco ed è ben tollerata, perché fa ancora
'paura' (se vogliamo usare questo termine). Al suo posto si
utilizzano invece altre sostanze, come il fentanyl, che a volte sono
molto più potenti (e, dunque, più 'pericolose'), ma hanno un nome
che non ricorda le droghe e non è collegato (come invece capita per
la morfina) alla fase terminale della malattia".
Ma,
allora,è meglio insistere
a
promuovere farmaci "tabù"
o
cercare nuove soluzioni?
"Noi facciamo ricerca su
nuove soluzioni terapeutiche - continua Ripamonti - ma il fatto
fondamentale è che
non
si usano i farmaci giusti,
quelli indicati espressamente come
più
efficaci e già
disponibili sul mercato".
Una posizione più morbida viene dal dottor Furio Zucco, presidente
della SICP: "Noi continueremo a batterci perché l'utilizzo della
morfina aumenti, ma se si possono introdurre altri farmaci che non
si chiamano morfina e hanno maggiori prospettive di prescrizione,
allora ben vengano. I pazienti vanno aiutati in ogni modo".
E ancora sui derivati dell'oppio, dunque, si concentrano gli sforzi
della ricerca, che studia sia l'utilizzo di nuove molecole, sia le
modalità di somministrazione dei farmaci.
Lo scopo è quello di dare più sollievo con effetti collaterali
minimi, tenendo conto che di fronte vi è un problema con molte
facce. "Di solito abbiamo una visione statica del dolore, ma non è
così, i dolori cambiano nel tempo, per intensità, tipologia e durata
- spiega Zucco. - Ecco perché è necessario che i farmaci siano
adattabili alle modifiche del
dolore. I medicinali devono garantire una
copertura costante nel tempo
(a lunga durata di azione), ma
anche
rispondere al 'dolore di riacutizzazione'
(breakthrough pain),
per cui serve un rilascio molto veloce".
Fino a poco tempo, per le crisi di dolore violento, l'unica opzione
erano un'iniezione o la morfina orale a pronto rilascio. Ora
esistono altri preparati di facile utilizzo, che però
non sono ancora disponibili in Italia.
Ad esempio, si aspetta il cosiddetto "lecca-lecca", o meglio il
fentanyl transmucoso,
che il paziente può auto-somministrarsi al bisogno, semplicemente
strofinandolo contro le mucose della bocca. Per quanto riguarda,
invece, il trattamento di base, sono usati farmaci come la morfina
orale a lunga durata e il fentanyl transdermico, che viene
rilasciato lentamente attraverso un cerotto applicato sulla cute.
"Oggi - precisa Zucco - esistono preparati che coprono circa 12 ore,
ma stiamo aspettando l'ingresso sul mercato nazionale della 'morfina
retard',
che può agire per 24 ore". E non solo. Prosegue Zucco: "Uno dei
farmaci più usati all'estero, l'ossicodone,
ha mostrato una notevole capacità di azione sul dolore neuropatico,
una componente del dolore cronico e tumorale che in genere non
risponde molto bene agli oppiacei". Le difficoltà sono quelle di
sempre, ovvero le lentezze legate al rapporto economico tra le
aziende produttrici e gli organi deputati a stabilire le politiche
interne dei prezzi, come il Comitato Unico del Farmaco.
Noi, qui, aspettiamo.
Donatella Barus
28
giugno 2004 -
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