Nigergate,
la Cia conferma "C'è il Sismi dietro quelle carte"
di CARLO BONINI
ROMA - Le sedici parole di
George W. Bush che denunciavano il riarmo nucleare iracheno e sono
valse una guerra - "Il governo inglese ha appreso che Saddam Hussein
ha recentemente cercato di acquisire significative quantità di
uranio dall'Africa" - erano fondate su una menzogna. Ad accreditare
quella menzogna a Washington è stato, un mese dopo l'11 settembre,
"un rapporto dell'intelligence militare italiana", il Sismi, "che
dava conto dell'acquisto iracheno di 500 tonnellate di yellowcake
(uranio grezzo) dal Niger". Le informazioni italiane erano false,
erano costruite su documenti altrettanto falsi ed erano soprattutto
le stesse in possesso degli inglesi. La Cia ne divenne presto
consapevole, ma, alla Casa Bianca, "il presidente degli Stati Uniti,
il suo vice Dick Cheney, l'allora consigliere per la sicurezza
nazionale e oggi Segretario di Stato Condoleezza Rice" decisero di
ignorare ciò che Langely aveva raccolto e che autorevolmente
smontava quella menzogna.
Con un'inchiesta trasmessa domenica sera negli Stati Uniti - "A spy
speaks out", "Parla una spia" - il team investigativo di 60 minutes
della rete televisiva americana Cbs trova ulteriori e qualificate
conferme all'inchiesta pubblicata nell'autunno scorso da Repubblica
(il cosiddetto "Nigergate"). Torna ad accendere un faro sulle
responsabilità della Casa Bianca nell'uso politico dell'intelligence
che ha preceduto la guerra. Travolge ciò che ancora resta dei
dinieghi e tentativi di manipolazione con cui il nostro governo
uscente e il Sismi, negli ultimi sei mesi, hanno cercato di
annebbiare il proprio coinvolgimento tecnico-militare e politico in
una delle vicende chiave che hanno segnato l'invasione dell'Iraq. E
dimostra l'inconsistenza dell'accusa mossa dal Sismi ai servizi
francesi di essere stati loro dietro l'operazione di disinformazione
sull'uranio nigerino.
La ricostruzione della Cbs poggia su solide evidenze documentali -
il Senate Select Committee on Intelligence report, rapporto della
commissione parlamentare di Controllo sull'intelligence americana
che ha preceduto e giustificato la guerra; un memorandum alla Casa
Bianca del gennaio 2003 del National Intelligence Council,
l'organismo che coordina le attività dell'intera comunità di
intelligence americana - e su altrettanto solide testimonianze dei
protagonisti dell'affare. Su tutte, quella di Tyler Drumheller, la
"spia che parla". Nel racconto disteso di questo funzionario
corpulento, che ha lasciato la Cia nel 2005, dopo 26 anni di
servizio, è la testimonianza di come i falsi documenti sull'acquisto
di uranio nigerino confezionati a Roma e messi insieme da una fonte
del Sismi (Laura Montini, impiegata nell'ambasciata nigerina di
Roma), da un colonnello del Sismi (Antonio Nucera), da uno spione
free-lance già agente del Sismi (Rocco Martino) e da un diplomatico
nigerino (il consigliere di ambasciata Yaou Zakaria Maiga) si siano
fatti strada a Washington.
Tyler Drumheller conosce ciò di cui parla per esperienza diretta,
perché tra il 2001 e il 2005 è il responsabile delle operazioni
coperte della Cia in Europa. Spiega così alla Cbs che il rapporto
che la Cia riceve un mese dopo l'11 settembre 2001 e che accredita
l'acquisto iracheno di uranio in Niger "arriva dall'intelligence
italiana". La circostanza non è neutra e, soprattutto, come si legge
nel transcript integrale dell'inchiesta (lì dove sono indicate con
meticolosa precisione le fonti testimoniali e documentali della
ricostruzione), è confermata all'emittente televisiva americana da
un secondo alto ex funzionario dell'intelligence americana: Bill
Murray, ex capo della stazione Cia di Parigi.
Di fronte a quel primo rapporto italiano - racconta Drumheller - "la
nostra reazione all'Agenzia fu che la storia non stava in piedi". Un
giudizio che non sembra modificarsi neanche quando, nell'inverno del
2002, il Direttorato per le Operazioni di Langley, sempre sulla
scorta delle informazioni che arrivano da Roma, dissemina un secondo
e più dettagliato memo, "che contiene la trascrizione di un accordo
tra Iraq e Niger asseritamente siglato il 5-6 luglio 2000 per la
vendita a Saddam di 500 tonnellate di uranio grezzo l'anno". Che dà
conto cioè del contenuto di uno dei documenti ufficiali nigerini che
sono stati messi insieme a Roma da Rocco Martino e dalla signora
Laura Montini e che presto risulteranno essere carta straccia.
I motivi dello scetticismo di Langely sono diversi. A cominciare
dalle conclusioni che l'ambasciatore Joe Wilson rassegna alla Cia
dopo aver verificato con una missione in Niger di otto giorni che
non c'è traccia di nessun accordo con l'Iraq e di nessun acquisto di
uranio da parte di Bagdad. Ma c'è una circostanza che fa premio su
tutte. Nei mesi in cui il Sismi accredita la bufala nigerina, la Cia
ha convinto il ministro degli Esteri iracheno Naji Sabri a tradire
Saddam e consegnare agli Stati Uniti i segreti militari del regime.
Tyler Drumheller è il funzionario che dirige la squadra Cia che
interroga il ministro iracheno e ne verifica le informazioni.
Racconta Drumheller: "Naji Sabri ci disse che l'Iraq non aveva alcun
programma attivo per la costruzione di armi di distruzione di massa
e le sue informazioni risultarono attendibili alle nostre
verifiche". "In un incontro cui partecipano George W. Bush, il
vicepresidente Dick Cheney e l'allora consigliere per la sicurezza
nazionale Condoleezza Rice", l'allora direttore della Cia, George
Tenet, mette a parte la Casa Bianca del tradimento di Sabri. E alla
Casa Bianca, almeno all'inizio, "la reazione è entusiasta". "Erano
eccitati - ricorda Drumheller - del nostro grado di penetrazione
degli iracheni". Ma quell'eccitazione diventa fastidio quando Tenet
comincia a riferire allo studio Ovale ciò che il ministro iracheno
va dicendo: che la storia del riarmo nucleare di Saddam è una
frottola. "A un certo punto - prosegue il racconto di Drumheller -
il gruppo che nell'Agenzia teneva i contatti con la Casa Bianca e si
occupava della preparazione della guerra venne da noi e ci disse:
"Il ministro iracheno non interessa più". E noi: "E che ne facciamo
dell'intelligence in corso?". La risposta fu: "L'Iraq non è più una
questione di intelligence ma di cambio di regime"".
Il ministro Naji Sabri, che, come la storia dimostrerà, riferisce
cose vere (il regime di Bagdad non ha arsenali nucleari), finisce in
un cestino, accusato dalla Rice non solo di essere "inattendibile",
ma anche di essere "unica fonte di un'informazione altrimenti non
corroborata da fonti indipendenti". La bufala del Niger, al
contrario, va in orbita contro ogni evidenza. E quel giorno, dopo 26
anni di servizio a Langley, il capo delle operazioni coperte della
Cia in Europa capisce definitivamente quel che sta accadendo: "Se
una singola fonte, come nel caso dell'uranio nigerino, era pronta a
confermare ciò che l'Amministrazione voleva sentirsi dire, era
attendibile. Ma se accadeva il contrario, allora una singola fonte
non era più sufficiente... La verità è che avevano deciso di fare la
guerra all'Iraq. E doveva succedere. In un modo o in un altro".
La dimostrazione arriva nell'autunno 2002. "Poche settimane dopo le
rivelazioni alla Cia del ministro degli Esteri iracheno - annota la
Cbs - a Roma, improvvisamente, appaiono i documenti che dovrebbero
dimostrare che Saddam ha comprato uranio in Africa". È una storia
che conosciamo e che la tv americana ricostruisce ancora una volta
attraverso le testimonianze dirette dei protagonisti. Rocco Martino
("Mi chiamo Rocco Martino. Martino di cognome. Rocco di nome", si
presenta lui ai microfoni della Cbs) li consegna alla giornalista di
Panorama Elisabetta Burba che, con rigore e tenacia, dopo un viaggio
in Niger, li verifica come falsi ("Falsi scadenti", osserva con la
Cbs). Copia dello scartafaccio, per decisione dell'allora direttore
di Panorama Carlo Rossella, arriva comunque all'ambasciata americana
in Italia, dove viene preso in consegna dal capo della stazione Cia
di Roma. Riferisce Drumheller: "Il capo della stazione di Roma
lavorava per me e parlammo di quei documenti. Non gli diede alcun
credito. Mi disse: "È un falso. La storia non è vera"". Non è
diversa la musica a Washington, dove quelle carte arrivano e dove
non reggono all'esame del bureau di Intelligence del Dipartimento di
Stato. "Un analista - riferisce la Cbs - annotò in una sua e-mail:
"Potete notare che i documenti presentano un falso timbro nigerino
(immagino per farli apparire ufficiali)".
La bufala nigerina - come noto - verrà pubblicamente smascherata
dall'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica) nel
febbraio del 2003, ma quel che l'inchiesta della Cbs oggi fotografa
e conferma sono altre due bugie che hanno segnato l'affare e che
Repubblica ha documentato lo scorso autunno con una lunga intervista
ad Alain Chouet, ex numero due dell'intelligence francese, la Dgse.
Due bugie dietro le quali, negli ultimi sei mesi, si sono protetti
il nostro governo e il Sismi. La prima: che le notizie sull'uranio
nigerino in possesso della Casa Bianca fossero state autonomamente
acquisite dall'intelligence inglese sulla base di "altre" e "diverse
prove" in possesso di Londra. La seconda: che dietro l'operazione di
inquinamento dei documenti nigerini vi sia stata proprio la Dgse,
alla quale Rocco Martino consegnò i falsi nell'estate del 2002.
Su entrambi i punti, Tyler Drumheller è netto. Abbiamo già visto
come l'ex capo delle operazioni coperte Cia in Europa indichi senza
esitazione in un rapporto del Sismi e non in informazioni francesi
la fonte delle notizie in possesso di Washington (e abbiamo visto
anche come la circostanza sia significativamente confermata anche
dall'ex capo della stazione Cia di Parigi). Ebbene, con altrettanta
nettezza Drumheller sostiene che le informazioni sull'uranio
nigerino in possesso degli inglesi erano identiche a quelle che gli
americani avevano ricevuto dagli italiani. Dunque che un'unica mano
italiana aveva avvelenato Londra e Washington. Ascoltate il
passaggio.
Domanda la Cbs: "La storia dell'uranio finisce nelle 16 parole del
discorso dell'Unione...". Drumheller: "Sì e a quel punto la faccenda
si fa grossa". Domanda: "Bush indica come fonte dell'informazione un
rapporto dell'intelligence britannica". Drumheller: "Sì, un rapporto
britannico". Domanda: "Vista la sua posizione all'interno della Cia,
lei aveva il compito di sovrintendere tutte le operazioni
dell'Agenzia in Europa". Drumheller: "Esatto". Domanda: "Ritiene che
gli inglesi avessero qualche informazione sull'uranio che a quel
punto voi non avevate?". Drumheller: "No. Ritengo che gli inglesi
non avessero nulla che noi non avessimo".
La Casa Bianca ha lasciato cadere le richieste di intervista da
parte della Cbs, affidando la replica ad una breve nota di Dan
Bartlett, consigliere del Presidente. Si legge: "La convinzione del
Presidente che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di
massa si basava su un giudizio collettivo della comunità di
intelligence all'epoca dei fatti. Indagini bipartisan non hanno
trovato alcuna prova che dimostri una pressione politica per
influenzare il giudizio sul programma di riarmo nucleare iracheno.
Saddam Hussein non ha mai abbandonato quel programma e ha posto una
seria minaccia agli americani e all'intera regione". Sono poche
parole di cui conviene annotare il passaggio più significativo. A
tre anni e mezzo di distanza dal discorso dell'Unione, la
responsabilità della Casa Bianca per aver dato credito alla bufala
nigerina non è più in capo a un rapporto dell'intelligence inglese,
ma ad un "giudizio collettivo della comunità di intelligence". Quale
comunità? Solo quella americana? O anche quella dell'alleato
italiano?
da
Repubblica del 25/4/06
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