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FIORI PUBLIO

 

Deputato della Repubblica. Eletto in un collegio di Roma. Il suo nome compare negli elenchi della loggia massonica segreta P2: fascicolo 646, numero di tessera 1878, data di iniziazione 10 ottobre 1978. Fiori, all'epoca deputato democristiano, ha smentito di essere iscritto. Oggi è membro di An.

 

FRIGERIO GIANSTEFANO

 

Deputato della Repubblica. Eletto in Puglia. Un nome, una garanzia. Già, ma qual è il nome? Nel collegio dove Silvio Berlusconi l’ha candidato, in Puglia, è Carlo Frigerio, com'era scritto sui manifesti. A Milano, dove da decenni fa politica, è Gianstefano. Eppure è sempre lui: come segretario regionale della Dc in Lombardia (e cassiere occulto del partito) ha incassato decine di tangenti, è stato arrestato tre volte tra il 1992 e il 1993, è stato coinvolto in molti processi. è accusato di aver accettato mazzette per le discariche lombarde, per il depuratore di Monza, per gli appalti alle Ferrovie Nord. Alcune tangenti le ha ammesse, pur minimizzando il proprio ruolo. Ha confessato, per esempio, di aver ricevuto 150 milioni da Paolo Berlusconi, in cambio dei permessi alla Fininvest per gestire la discarica di Cerro Maggiore.
Ha accumulato tre condanne definitive: 1,4 anni per finanziamento illecito ai partiti, 1,7 per finanziamenti illeciti e ricettazione, 3,9 per corruzione e concussione. Ciò nonostante, dopo aver lasciato la Dc si è inventato una nuova vita come consigliere personale di Silvio Berlusconi e influente membro di Forza Italia, di cui dirige il centro studi. Mentre i giudici dell’esecuzione stavano esaminando le sentenze definitive che pesano su di lui per decidere il cumulo della pena da scontare, Gianstefano scompare e ricompare, in Puglia, Carlo: lì si è conquistato un bel seggio in Parlamento. Il 31 maggio, primo giorno di riunione della nuova Camera dei deputati, Frigerio, è stato arrestato. Dovrà scontare una pena di 6 anni e cinque mesi. Affidato poi ai servizi sociali, ha avuto il permesso dal giudice di sorveglianza di frequentare il Parlamento per qualche giorno al mese: come pratica di riabilitazione (ma il giudice forse non conosceva il tasso di devianza di quell'ambiente...)

 

GENTILE ANTONIO

 

Senatore della Repubblica, Forza Italia. Secondo l'ex segretario del Psi Giacomo Mancini, Gentile, durante la campagna elettorale del 1992 era scortato da "un nutrito stuolo di personaggi molto noti alla giustizia". Secondo alcuni collaboratori di giustizia gli era stato garantito dalla 'ndrangheta l'appoggio elettorale. Lo hanno votato ed è così entrato a palazzo Madama.

 

GIUDICE GASPARE

 

Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia. Forzista doc. Nel 1998, quando era vicecoordinatore per la Sicilia di Forza Italia, la procura di Palermo chiese il suo arresto per complicità con la mafia. Silvio Berlusconi commentò: "Essendo Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo avuto quindi rapporti con l’onorevole Gianfranco Micciché, non si può neppure immaginare alcun alone di dubbio intorno a lui, perché altrimenti non avrebbe potuto avere quell’incarico". Secondo l’accusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva fare: "Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti lì", gli ripetevano. Gli elementi raccolti dall’accusa erano tali da far escludere alla giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere che ci fosse fumus persecutionis nei confronti del parlamentare. Perfino il "supergarantista" Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da eccepire contro la richiesta dei magistrati. Eppure la Camera dei deputati il 16 luglio 1998 bocciò (303 voti a 210, con 13 astenuti) la richiesta d’arresto. Non solo, i deputati sottrassero al giudice elementi di prova: impedirono (287 voti a 239, con 3 astenuti) l’utilizzo processuale dei tabulati Telecom, quelli da cui erano documentati i rapporti e la dipendenza di Giudice dagli uomini delle cosche.

 

JANNUZZI LINO

 

Senatore della Repubblica. Giornalista, dopo essersi occupato negli anni Sessanta e Settanta di golpe e servizi segreti, è passato a occuparsi soprattutto di magistrati. Si è fatto notare insultando, quando era in vita, Giovanni Falcone, che poi ha glorificato da morto, per contrapporlo ai magistrati vivi, di Milano e Palermo, sempre da criticare. Nel 1991 infatti, mentre era in discussione la nomina di Falcone a capo della Procura nazionale antimafia e di Gianni De Gennaro a capo della Dia, Jannuzzi scrive sul Giornale di Napoli un articolo intitolato "Cosa nostra uno e due" in cui di Falcone e De Gennaro dice: «è una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura per il pentitismo ed i maxi-processi, è approdata al più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i maggiori responsabili della dèbacle dello Stato di fronte alla mafia... L'affare comincia a diventare pericoloso per noi tutti... dovremo guardarci da due Cosa nostra, quella che ha la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma... Sarà prudente tenere a portata di mano il passaporto» ( 29 ottobre 1991). Dal boss di Cosa nostra Pippo Calò ha ricevuto 5 milioni per pubblicare un libro che poi non ha mai scritto. è pluriquerelato per una serie infinita di diffamazioni nei confronti di magistrati e uomini per bene. Ora cominciano ad arrivare le condanne definitive. Però niente carcere, per il giornalista viveur, che prima scappa a Parigi, poi ottiene una inedita immunità parlamentare assoluta, garantita dal presidente del Senato Marcello Pera: «Il senatore Jannuzzi gode dei privilegi e delle immunità discendenti dagli incarichi ricoperti nelle istituzioni europee. Ne deriva che in tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea il senatore Jannuzzi gode di un'immunità assoluta dalla giurisdizione».

 

LO PORTO GUIDO

 

Deputato della Repubblica. Eletto a Palermo (quota proporzionale). Oggi è un esponente di An e parlamentare della Casa delle libertà. Tanti anni fa, il 24 ottobre 1969, quando aveva 32 anni, fu fermato vicino a Palermo dai carabinieri insieme a quattro camerati (tra cui Pierluigi Concutelli, capo militare dell’organizzazione neofascista Ordine nuovo). Nella sua automobile fu trovata una quantità considerevole di armi da guerra avvolte in carta da giornale. Concutelli fu condannato a 2 anni, Lo Porto a 16 mesi. Lo Porto è stato poi indagato (senza conseguenze penali) per rapporti con ambienti mafiosi.

 


 

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