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CHI TOCCA I FILI  MUORE

 


A gentile richiesta del Tg2 e del nostro nuovo editore Silvio  Berlusconi, pubblichiamo  alcuni stralci della sentenza depositata  un mese fa dalla Corte di Assise di Appello di Caltanissetta nel  processo Borsellino bis, che condanna i boss Riina, Aglieri, Carlo  Greco, Calascibetta, Giuseppe Graviano, Tagliavia, Biondino   Vernengo, Natale e Antonino Gambino, La Mattina, Tinnirello, Scotto,  Murana, Urso e Tomaselli, per la strage di via d'Amelio. Il  presidente del Consiglio e i suoi giornalisti di fiducia (incluso  Mario Cervi, che ieri vi ha dedicato uno dei suoi coraggiosi  editoriali sul Giornale) tengono molto a queste motivazioni, che  finalmente fanno giustizia di una lunga campagna denigratoria  iniziata proprio da Paolo Borsellino con la famigerata intervista a due giornalisti francesi, fortunatamente censurata da tutti i  telegiornali Rai e purtroppo resa nota da Rai News 24 nonché dai criminosi Luttazzi e Santoro.
Scrive, dunque, la Corte nissena (capitolo V, pagine 808 e seguenti):

« La precipitazione e la concitazione con la quale si  addivenne alla esecuzione del piano contro Borsellino è da ascrivere  a eventi esterni che si connettono tra loro e assumono senso alla  luce delle inquietanti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia... sui soggetti  per conto dei quali o nell'interesse dei quali o coordinandosi con gli autonomi piani dei quali, Salvatore Riina e la commissione di Cosa Nostra avevano deliberato e portato a compimento il delitto... L'idea che nella strage di via D'Amelio possano essersi inserite «patologie estranee» risale al primo consuntivo dell'attività investigativa. Fra i vecchi boss detenuti, tutti vecchi compagni d'arme di Riina, era diffusa l'opinione che nella strage di via D'Amelio vi fosse stato un suggeritore esterno,  al quale il Riina non si era potuto sottrarre. Tale suggeritore andava ricercato tra gli interessati all'indagine mafia e appalti nella quale il Borsellino aveva dichiarato, imprudentemente, di volersi impegnare a fondo, nello stesso momento in cui Tangentopoli cominciava a profilarsi all'orizzonte .... E i fatti che spiegano l'anomalia e la patologia senza escludere affatto Cosa nostra e che dimostrano,  anzi, perché proprio Cosa nostra abbia voluto l'uccisione di Borsellino in quel momento sono i seguenti.
Nell'intervista filmata che Paolo Borsellino rilasciò il 21 maggio 1991 alla troupe francese del regista Jean Pierre Moscardo e del giornalista Fabrizio Calvi, che giravano un film inchiesta sugli  affari della mafia... il magistrato racconta la carriera criminale del Mangano, esponente della  famiglia mafiosa di Porta Nuova, estortore e grande trafficante di stupefacenti ed e quanto è a sua conoscenza e quanto ritiene rivelare sui rapporti tra Mangano Dell'Utri Berlusconi. Nel corso dell'intervista il dr. Borsellino, pur mantenendosi cauto e prudente per non rivelare notizie coperte da segreto o riservate, consultando alcuni appunti in suo possesso, forniva indicazioni sulla conoscenza di Mangano con il Dell'Utri e sulla possibilità che il Mangano avesse operato, come testa di ponte della mafia a Milano in quel medesimo ambiente. Appare evidente come sia lo stesso Borsellino a fornire un riscontro alle dichiarazioni di Salvatore Cancemi (sui contatti fra Riina e i suggeritori esterni, ndr)... Non è detto che i contenuti di quell'intervista non siano circolati tra i diversi interessati, che qualcuno non ne abbia informato Salvatore Riina e che questi ne abbia tratto autonomamente le dovute conseguenze, visto che questa Corte ritiene che il Riina possa aver tenuto presente nel decidere la strage gli interessi di persone che intendeva "garantire per ora e per il futuro", senza per questo eseguire un loro ordine o prendere formali accordi o intese o dover mantenere promesse».
Concludiamo la pubblicazione della parte della sentenza d'appello del processo Borsellino bis (contro 16 boss mafiosi per la strage di Via d'Aurelio) dedicata ai possibili "mandanti esterni", ai rapporti del boss Vittorio Mangano con Berlusconi e Dell'Utri e alle ragioni per cui Casa Nostra, 55 giorni dopo Falcone, decise di eliminare anche Paolo Borsellino. Scrivono i giudici della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta nel capitolo V (pagine 818-821): «...Alla fine di maggio del 1992, dopo la strage di Capaci, Cosa nostra era in condizione di sapere che Paolo Borsellino aveva rilasciato una clamorosa intervista televisiva a giornalisti stranieri, nella quale faceva clamorose rivelazioni su possibili rapporti di Vittorio Mangano con  Dell' Utri e Berlusconi, rapporti che avrebbero potuto nuocere fortemente sul piano dell'immagine, sul piano giudiziario e sul piano politico a.quelle forze imprenditoriali e politiche alle quali fanno,esplicito riferimento le dichiarazioni di Angelo Siino sulle quali i capi di Cosa Nostra  decisamente puntavano per ottenere quelle riforme amministrative e legislative che conducessero in ultima istanza ad un alleggerimento della pressione dello Stato mafia e alla revisione della condanna nel maxi processo...
Con quell'intervista Borsellino mostrava di conoscere determinate vicende;mostrava soprattutto di non avere nessuna ritrosia a parlare dei rapporti tra mafia e grande imprenditoria del nord, a considerare normale che le indagini dovessero volgere in quella direzione ; non manifestava alcuna sudditanza psicologica,ma anzi una chiara propensione ad agire con gli strumenti dell'investigazione penale senza alcun rispetto per i santuari e senza timore del livello al quale potessero attingere le sue indagini confermando la tesi degli investigatori che la mafia era non solo crimine organizzato ma anche connessione e collegamenti con ambienti insospettabili dell'economia e della finanza. Riina aveva tutte le ragioni di essere preoccupato per quell ' intervento che poteva rovesciare i suoi progetti di lungo periodo ,ai quali stava lavorando dal momento in cui aveva chiesto a Mangano di mettersi da parte perché intendeva gestire personalmente i rapporti con il gruppo milanese .E ` questo il primo argomento che spiega la fretta e l'urgenza e l'apparente intempestività della strage : Agire prima
che in base agli  enunciati e ai propositi impliciti di quell'intervista potesse prodursi un qualche irreversibile intervento giudiziario .
Oltre quell'intervista, secondo i giudici nisseni altre due " anomalie " spinsero Cosa Nostra ad eliminare in tutta fretta Borsellino. Primo : " la vicenda della trattativa con Cosa Nostra, di cui ha parlato Giovanni Brusca ..fra boss corleonesi e pezzi dello stato ( gli ufficiali del ros Mori e De Donno ).
Il magistrato era venuto a conoscenza della trattativa e si era rifiutato di assecondarla e starsene zitto. Nel giro di pochi giorni dall'avvio della trattativa, Borsellino venne massacrato». Secondo: «La preoccupazione di Cosa Nostra, verosimilmente sollecitata in questo senso da voci esterne, che il dr. Borsellino, nominato Procuratore nazionale antimafia, potesse diventare il deus ex machina dell'iniziativa dello Stato nella lotta antimafia». Ed ecco le "conclusioni" della Corte di Assise, progetti di lungo periodo, ai quali stava lavorando  la Corte di Appello di Caltanissetta: «Questo processo concerne esclusivamente gli esecutori materiali, coloro che hanno attivamente lavorato per schiacciare il bottone del telecomando. Ma questo stesso processo è impregnato di riferimenti, allusioni, elementi concreti che rimandano altrove, ad altri centri di interessi a coloro che in linguaggio non giuridico si chiamano i "mandanti occulti", categoria rilevante non solo sotto il profilo giuridico ma, anche sotto quello politico e morale. E quindi qui finisce il processo agli esecutori della strage di via D'Amelio ma non certamente la storia di questa strage annunciata che deve essere ancora in parte scritta».
 

nota del webmaster : l'ufficiale del R.O.S  Mori è quello nominato a  capo
del sisde dal governo Berlusconi ...quando si dice le coincidenze ...!

 

                

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