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Binnu ‘u tratturi

 

 

Ieri in Tv ho visto le immagini della cattura di Provenzano. La cosa che mi ha colpito in modo particolare è il casolare, ma più un capannone fatiscente, in cui era “nascosto”. Un tugurio senza pavimento, pieno di sporcizia, nemmeno l’apparenza di un posto dove si potesse in qualche modo vivere “stabilmente”.

Mi sono venute molte domande in seguito alla quale ho fatto diverse riflessioni.

Da quanto tempo era li? Per come era messo il casolare, è difficile credere che quella era una sistemazione stabile. Non è credibile che uno degli uomini più potenti, o ritenuti tali, vivesse in quella condizione da molto tempo ed avesse idee di starci per molto. Questo fa a pugni con la versione ufficiale delle lunghe e meticolose indagini che hanno portato, alla fine, alla scoperta del rifugio. Senza che vi sia stata alcuna soffiata.

Era li da poco e l’hanno preso con una soffiata perché non è assolutamente possibile che vivesse da tempo in quelle condizioni.

A meno che non fosse  cosi potente come lo  si descrive, ma solo uno dei tanti mafiosi che la mafia ha ritenuto comodo far passare per l’imperatore del male.

Questo è un possibile scenario.

Mettiamo però che  la versione ufficiale regge e che Provenzano, fosse davvero il capo della mafia.

Come è facile intuire se è stato latitante per 40’anni non spostandosi mai dalla Sicilia, l’ha potuto essere solo grazie ad una rete di connivenze a molti livelli.

E’ logico pensare che se finalmente è stato arrestato lo è stato perché quella rete di connivenze è saltata. Ma se è cosi  non può essere vero che era cosi potente. A massimo lo era stato e non lo era più.

Se la storia della mafia ci ha insegnato qualcosa, ci ha insegnato che il vecchio capo viene consegnato dal nuovo, in una sorta di ricambio generazionale e sempre con l’instaurarsi di un nuovo patto tra la mafia e lo stato, o parte di esso.
Questo da Giuliano in poi.
Tranne il periodo stragista di Riina all’inizio degli anni 90, la mafia  ha sempre convissuto con lo stato, di volta in volta si sono rinnovati i patti mantenendo una continuità storica quasi mai venuta meno.
Questa volta che patti  sono intercorsi e con chi?

Ed è davvero credibile che questa cattura sia avvenuta per coincidenza in un momento che segna un ‘altra svolta politica per il paese?

Davvero è un caso che caduto Berlusconi, sia stato arrestato, o consegnato, il capo della mafia?

Qualcuno si ricorda il "proclama di Bagarella" letto nell'aula del tribunale di Trapani  sul mancato rispetto del patto stretto con questa maggioranza? L’accordo si riferiva all’ammorbidimento del 416 bis e alla legislazione sui pentiti. Per quelle denunce in aula alcuni deputati della maggioranza furono messi sotto scorta. Uno fu Dell’Utri Marcello.

Come si fa a credere, alla luce di questi fatti, ad una coincidenza.

E se non è una coincidenza cosa significa?
Questo è difficile dirlo.

Io la leggo come una sorta di offerta preventiva, un segnale di dialogo verso la nuova parte politica, temendo che questa possa intraprendere una lotta seria e vera alla mafia. Uno dei segnali è la candidatura Borsellino  alle regionali in Sicilia.

Di certo l’interlocutore politico con cui era stato fatto l’ipotetico patto è venuta meno. Di certo non sarà come in questi cinque anni in cui Berlusconi non solo non ha mai pronunciato la  frase “Lotta alla Mafia”, ma manco la parola Mafia.

Chi ricorda la nota intervista di Dell’Utri, in cui egli sosteneva, al pari di quanto si faceva prima dello storico maxiprocesso, che per lui la Mafia non esiste?

Cosa  c’è di meglio che offrire un capro espiatorio, dando all’immaginario collettivo, perché cosi è stato, l’idea  che la Mafia è stata sconfitta?

In questo modo si ottiene il duplice effetto di tranquillizzare l’opinione pubblica e di offrire un segnale di collaborazione ai nuovi poteri.

Ma questo credo rimarrà uno dei tanti misteri irrisolti.

pummarulella  12/04/2006

                

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