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Il silenzio è d'oro

Dall'Unità del 3/7/06           di M. Travaglio

Non ho niente da dire, non parlo mai delle mie inchieste». È il 16 giugno 2006. II gip di Potenza Alberto Iannuzzi ha appena accolto la richiesta di arresto del pm Henry John Woodcock per Vittorio Emanuele di Savoia (in carcere), Salvatore Sottile (ai domiciliari) e altri. E questo è l'unico commento del pm anglo-napoletano: «Non ho niente da dire». È il titolare dell'inchiesta, ed è l'unico, in Italia, a non aver niente da dire. Altri, invece, hanno molto da dire, anche se non sanno nulla. Un minuto dopo che l'Ansa ha battuto la notizia, dichiaratori ed esternatori in servizio permanente effettivo aprono le cateratte del «commento a caldo», senz'aver letto una sola riga del provvedimento cautelare. Il più lesto è Maurizio Gasparri, An: «Sottile non c'entra nulla. Metto la mano sul fuoco. Anche sul fatto che Woodcock è inadatto a svolgere la sua l'unzione di magistrato. Le sue inchieste servono solo per andare sui giornali. Tranne la strage degli Ugonotti, s'è occupato di tutto. Perchè? Tutto succede a Potenza? Perchè non interviene il Csm?». Pure Francesco Cossiga, presidente «emerito», dà fiato alla lingua e chiede al ministro della Giustizia, in un'apposita interrogazione parlamentare, se sia vero che un'inchiesta disciplinare su Woodcock è stata bloccata dal Csm «su istruzione dell'Associazione Nazionale Magistrati per non indebolire la magistratura nel confronto con la classe politica», nel qual caso è «doveroso lo scioglimento del Csm per abuso di potere e violazione delle leggi». Non sanno, i due pover' uomini, che il procedimento disciplinare ha già dato ragione a Woodcock: il cosid­detto ministro Castelli fece appello in Cassazione, e qui le Sezioni Unite lo respinsero con perdite, condannando Castelli a pagare le spese processuali. "È l'ennesimo colpo pubblicitario di Woodcock», delira Emanuele Filiberto: «Spero che sia certo delle accuse, altrimenti sarà l'ultima volta che farà qualcosa. Hanno trattato mio padre come un bandito: è un uomo di 70 anni con problemi di salute». Naturalmente Vittorio Emanuele, a parte una caduta dal letto a castello, risulterà sanissimo. Ma ecco un altro ex ministro di An, Mario Landolfi: «Piena solidarietà all'amico Sottile, che è totalmente estraneo. La custodia cautelare inutilmente vessatoria getta un'ombra sulle finalitàdi certa magistratura». Dai palazzi della politica è tutto un commentare. Erminia Mazzoni, Udc: «Ancora una volta la spettacolarità del provvedimento prevale sul merito. Il pm Woodcock non è nuovo a iniziative clamorose poi naufragate al vaglio del giudice». Gianfranco Rotondi, Dc: «Chieda e Napolitano e Mastella di assumere un'iniziativa forte per fermare Woodcock: è l'ennesima volta che quel giudice (che è un pm, ndr) prende dai telegiornali le vittime della sua pirateria giudiziaria. Non si arresta un ex re (Vittorio Emanuele non è mai stato re, ndr), al massimo lo si convoca. Chi è fuori dall'Italia si farà l'idea di una Repubblica delle banane in cui la sinistra vince le elezioni e fa arrestare il portavoce della destra e l'ex re schierato con Berlusconi, con accuse fantomatiche». Alfredo Biondi, FI: «Torna il tintinnio delle manette, è la faccia feroce della presunzione di colpevolezza contro la Costituzione». Fabrizio Cicchitto, FI: «In Italia l'inciviltà ha raggiunto livelli inaccettabili». Filippo Berselli, An: «Le accuse a Vit­torio Emanuele sono esilaranti». Altri attacchi al pm da Matteoli, Nania e Alemanno (An). Ri-Gasparri: «Woodcock è un pm da Guida Monaci a caccia di vittime illustri: andava cacciato da tempo». Gianfranco Fini: «Woodcock è un signore che in un Paese serio avrebbe già cambiato mestiere. Il Csm dovrebbe prendere provvedimenti. Questo linciaggio mediatico deve far scattare un grido sdegnato di allarme. Non ci faremo intimidire». Roberto Calderoli, il giurista più fine della Lega Nord: «Meglio fottersi una valletta che una banca» (tipo la Credieuronord). Sandro Bondi, FI: «Qualcuno intervenga per porre fine a questo scempio della legge e del buon senso». Daniela Santanchè, An: «Una scandalosa gogna mediatica che mi venire in mente la Rivoluzione francese: ghigliottina in piazza e la gente che guarda soddisfatta». Michele Vietti, IJdc: «Questo magistrato è noto per mettere in piedi inchieste tanto clamorose quanto inconcludenti. Ora una legge sulle intercettazioni». E Clemente Mastella, ministro della Giustizia, pronto: «Se il centrodestra è d'accordo, faccio un decreto sulle intercettazioni. Basta con il Grande Fratello». Il centrodestra è d'accordo, i Ds e Di Pietro fortunatamente no. Non mancano comunque i critici centrosinistri. Roberto Villetti, Rosa nel Pugno: «Siamo il paese delle manette facili: l'arresto di Vittorio Emanuele è inspiegabile, basta con queste brutte abitudini» (quelle dei magistrati, non quelle del «principe» e dei suoi compari). Sergio D'Elia, Rosa nel Pugno (condannato a 25 anni per omicidio e banda armata): «È un segno incivile del degrado forse irreversibile dello stato di diritto che persone solo indagate siano sottoposte al pubblico ludibrio, a una condanna preventiva e irreparabile. Occorre intervenire, anche con norme più rigorose, perchè i depositari di atti coperti dal segreto istruttorio (che non esiste più dal 1989, ndr) rispondano personalmente della sua violazione». Nicola Latorre, Ds: «Sulla Procura di Potenza ho scelto di stare zitto, ma il mio silenzio grida più di mille accuse». Altri, bontà loro, stanno zitti per davvero. Nessuno difende i magistrati di Potenza. Angius e D'Alema criticano la pubblicazione delle intercettazioni. Polito rilancia la sua commissione d'inchiesta sulle intercettazioni. Berlusconi concorda: «Una barbarie inaccettabile».
Il 20 giugno, nel pieno delle indagini e degl'interrogatori, l'Ansa informa che il Quirinale ha chiesto e ottenuto «una informativa dal Csm sui fascicoli riguardanti il sostituto procuratore di Potenza John Woodcock». Rotondi esulta: «Bene: ora Napolitano faccia con Woodcock come fece alla Camera con un deputato dei Ds fuori riga: gli diede un bel ceffone e quello ringraziò». Cicchitto è entusiasta: «Ora il Csm e il Consiglio dei Ministri vadano a vedere ciò che accade a Potenza, dove emergono cose inquietanti: vediamo a quali aberrazioni può portare questa sistematica violazione del segreto istruttorio e della legge sulle intercettazioni che si combina con l'incredibile pratica di una Santa Inquisizione su pratiche sessuali fra adulti consenzienti. Sia la dichiarazione della Gregoraci sul trattamento riservatole dal pm Woodcock, sia l'immediata pubblicazione del verbale, dimostrano che in Italia siamo tornati ad un grottesco Medioevo». Pochi minuti e l'Ansa annuncia: «Partiranno presto per Potenza, forse anche entro la settimana, gli ispettori del ministero della Giustizia incaricati dal Guardasigilli Mastella di compiere accertamenti sull'operato dei magistrati potentini». Non solo contro il pm, a proposito dell '«uso delle intercettazioni telefoniche» e delle sue presunte «pressioni» sulla Elisabetta Gregoraci (inesistenti, come dimostra la registrazione dell'interrogatorio); ma anche contro il gip Iannuzzi, per le dichiarazioni in cui smentiva attacchi e falsità sull'inchiesta. I due magistrati sono figli di un dio minore. Si prendono le reprimende persino del collega Nello Rossi, segretario dell'Anm ed esponente di Magistratura democratica, che parla di «Grande fratello», di «dignità degli índagan calpestata» e chiede «regole più severe e incisive». A questo punto anche il Pg di Potenza Tufano e il procuratore capo Galante scaricano Woodcock, denunciandolo al Csm per non aver fatto vistare dal capo le richieste d'arresto: peccato che non avesse alcun obbligo di farlo. Intanto, il 26 giugno, la Procura di Roma che ha ereditato il fascicolo su Sottile annuncia all'Ansa e ai giornali l'intenzione di chiedere la scarcerazione del portavoce di Fini, cosa che poi puntualmente fa. Ma nessuno, al Ministero, pensa di mandare un'ispezione a Roma per indagare sui pm che parlano dei loro provvedîmenti prim' ancora di averli presi. In prima fila contro Woodcock c'è tutta la stampa del centrodestra, dal Tempo al Giornale, dal Foglio a Libero e sul Corriere, il duo Ostellino & Panebianco. Ostellino dice che le «rumorosissime inchieste di Woodcock finiscono in una bolla di sapone» e dubita della necessità di arrestare il Savoia e di fare «domande morbose» a Sottile (come se, indagando su un reato sessuale, si potesse parlare del sole e della luna). Panebianco ripete a pappagallo: «Bolle di sapone». Il Giornale è scatenato. Pubblica commenti dal titolo «Abusi togati». Sostiene che «Potenza è la Procura che spia di più: record delle intercettazioni, dei mandati di cattura e delle inchieste che si sgonfiano». Rivela addirittura che «alcune intercettazioni di Woodcock sono illegali». Altro titolone a caratteri cubitali: «Il Tribunale dei Riesame boccia i magistrati di Potenza: ingiustificato il 70 per cento degli arresti». Dunque, par di capire, il Riesame è Vangelo. Senonchè lo stesso Riesame di Poten­za dà ragione a Woodcock e a Iannuzzi su tutta la linea. Sulla competenza territoriale (l'inchiesta sul l'associazione a delinquere Savoia & C. rimane a Potenza). Ma anche sui «gravi indizi di colpevolezza» del sindaco di Campione e dei tre faccendieri legati a Vittorio Emanuele, che giustificano ampiamente gli arresti di due settimane prima. Anche perché nel frattempo una decina di indagati, dal Savoia in giù, hanno confessato. E' il 30 giugno. Ma nemmeno nel giorno della prima vittoria il pm Woodcock dice una parola: «Non ho nulla da dire». E gli altri, quelli che sapevano tutto senza sapere nulla? Nulla da dichiarare? Ora che dovrebbero chiedere scusa, e vergognarsi un po', preferiscono tacere. In questi casi, per le facce di bronzo, il silenzio è d'oro.

                

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