Le buone notizie sono merce rara.
E quando capita di trovarne una, è motivo di gaudio per tutti. Ieri i lettori
del Corriere della sera si sono stretti idealmente intorno a Claudio Martelli,
che ha annunciato solennemente a Barbara Palombelli la fine di un incubo, la
sua «odissea giudiziaria», un vero e proprio «esilio in patria», funestato da
«un'enorme sofferenza e una vera solitudine». «Ho vissuto con un fantasma
accanto per 22 anni ‑ confida il perseguitato con un fil di voce, prostrato dal
lungo calvario ‑ ho affrontato sette gradi di giudizio, sempre per gli stessi
fatti, subendo accuse opposte e contraddittorie e vedendomi applicare via via
leggi diverse. Ho perso tanto tempo, tanti soldi. E ora, grazie al giusto
processo, ...finalmente sono libero, è stato tutto chiarito». Il conto
Protezione? « Io non c'entravo». Licio Gelli? «L'avevo visto in due occasioni
all'Hotel Excelsior», ma solo per discutere della linea del Corriere (di cui
Martelli, giovane e ingenuo, pensava che Gelli fosse il direttore). E ora che
«tutto è chiarito» Martelli torna finalmente alla politica.
Dall'intervista, per motivi di
spazio, restano fuori alcuni particolari. Martelli, sul conto Protezione, non
ha chiarito un bel nulla: ha semplicemente risarcito 850 milioni per ottenere
le attenuanti necessarie a mandare il suo reato (accertato senz'ombra di
dubbio) in prescrizione. E questo proprio grazie ai «sette gradi di
giudizio» e alle «leggi via via diverse» di cui si lagna. Se il Parlamento non
avesse cambiato le regole, il processo sarebbe durato un po' meno di 10 anni, e
Martelli sarebbe stato regolarmente condannato per quella torbida vicenda.
Memorabile la deposizione di Gelli sul vertice a tre : Licio, Claudio e Bettino
che precedette il mazzettone: "L'incontro si tenne nella casa romana dell'on.
Martelli. Io ci andai accompagnato dal dr. Trecca (Fabrizio Trecca, il medico
piduista amico anche di Berlusconi, oggi star di Canale 5, ndr). Era una
giornata assai piovosa e ricordo un particolare curioso. lo suonai lungamente,
e bussai anche con le mani, alla porta dell'appartamento dell'on. Martelli, che
era al primo piano, ma nessuno venne ad aprire. Insistetti, poiché dalla
fessura della porta filtrava la luce accesa. A un certo punto sopraggiunse l'on.
Craxi; anche lui provò a bussare, ma senza risultato. Si
decise allora di mandare il dr. Trecca presso la sua auto, provvista di
telefono, affinché telefonasse all'appartamento dell'on. Martelli. Fu cosí che
riuscimmo AD entrare. Martelli si scusò perché si era addormentato. Io feci il
punto sulle proposte che mi aveva fatto Calvi; Craxi e Martelli mi dissero che
il fabbisogno del partito, per le sue esposizioni bancarie, ammontava a circa 21
milioni dì dollari, e che questa era la somma per la quale chiedevano
l'intervento dì Calvi. Dissero che avrebbero parlato delle proposte di Calvi al
vertice deil'Eni e in particolare al vicepresidente Di Donna. Dopo pochi giorni
seppi da Martelli che le proposte di Calvi potevamo essere realizzate... Calvi
aveva bisogno di conoscere un conto sul quale far pervenire 3,3 milioni di dollari a
favore del Psi... Io riferii a Martelli (esigenza di avere un numero di conto
sul quale fare accredito...". Fu Martelli, hanno accertato i giudici, a passare
a Gelli il biglietto con il conto cifrato aperto da Silvano Larini (Ubs 633369,
nome in codice: « Protezione») in Svizzera su richiesta di Craxi, dove poi
Roberto Calvi versò i 7 miliardi del 1981, prelevati illegalmente dalle casse
del Banco Ambrosiano (poi fallito) e mai restituiti dal Psi. L'appunto era su
carta intestata della Camera dei deputati. Cosa che mandò Craxi su tutte le
furie: «Quel cretino di Martelli! Proprio su carta del Parlamento doveva
scriverlo! ». Il foglio fu ritrovato nel 1983 dalla Guardia di Finanza durante
il blitz di Colombo e Turone.
Martelli, comunque, non ha alcun
bisogno di rientrare in politica. Salvo che prima non intenda uscirne. Già
consulente del ministero degli Affari sociali per i problemi dell'immigrazione,
dal 1999 è euro-parlamentare dello Sdi: malgrado una condanna definitiva a 8
mesi per illecito finanziamento ai partiti (500 milioni in nero da Carlo Sama,
nel famoso zainetto, per (affare Enimont) e un'altra sentenza di prescrizione
(mazzette pagate da Martelli a un assessore Psi per conto del suocero, titolare
del marchio Tonno Nostromo, per gli appalti nelle mense scolastiche). Un vero
calvario. Un'odissea. Una sofferenza. Un esilio in patria
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LA
comunità scientifica internazionale è in festa. Da ieri, dopo lunghe e faticose
ricerche, è stato finalmente svelato l'arcano di Mani Pulite, che tanti cervelli
aveva inutilmente spappolato negli ultimi dieci anni. Perché, nel 1992‑'93,
esplose lo scandalo di Tangentopoli? Perché ‑come ingenuamente aveva pensato
qualche milione di italiani‑ i politici rubavano a man salva? Perché gli
imprenditori pagavano mazzette anche per respirare? Perché il debito pubblico
s'era divorato un intero paese? Perché ogni anno, secondo i calcoli
dell'economista Mario Deaglio, la corruzione si portava via 20‑25mila miliardi
di denaro pubblico? Perché un chilometro di metropolitana a Milano costava il
doppio che in Svizzera o in Spagna?
Nossignori. La
risposta esatta è un'altra: dieci anni fa le toghe rosse di Magistratura
democratica decisero di fare la rivoluzione, in combutta con gli americani
(amministrazione George Bush senior), con Enrico Cuccia, con Leoluca Orlando e
forse anche con Achille Occhetto. In breve tempo questa gioiosa, e soprattutto
omogenea, macchina da guerra spezzò le reni al Caf di Craxi, Forlani e
Andreotti, nella speranza di assicurare agli angloamericani il monopolio sulle
privatizzazioni in Italia e di spalancare le vie del, potere di comunisti.
Senonchè, per
alcuni incidenti di percorso, ci andarono di mezzo anche un sacco di
comunisti, di amici dei comunisti e degli americani, per non parlare degli
imprenditori amici di Cuccia, tutti arrestati, inquisiti e condannati. Tranne Berlusconi, che grazie a quel colossale complotto divenne presidente del
Consiglio. Ma non precorriamo.
La sensazionale
scoperta si deve agli sforzi congiunti di Mattia Feltri, figlio d'arte, e del
professor Stanton Burnett, già numero due dell'ambasciata americana a Roma, già
autore di "The italian guillotine".
Operation Clean
Hands» (pubblicato negli Usa nel 1998) con la collaborazione del Csis, il centro
di studi strategici internazionali di cui fanno parte anche Kissinger e
Brezezinski. Feltri junior, giunto ormai alla quattordicesima puntata della sua
storia del «Terrore» (il sanguinoso 1993 di Mani Pulite) riuscendo a non
parlare mai di tangenti, elenca le prove schiaccianti del complotto demoplutoanglogiudiziariomassonico: « Il 2 giugno 1992 lo yacht della famiglia
reale inglese, il Britannia, si trova in acque territoriali italiane». Non a
caso, verrebbe da aggiungere. E non è finita: l'allora ambasciatore americano a
Roma, Reginald Bartolomew, nel `98 diventerà nientemeno che «presidente di
Merryl Lynch Italia». Capito? Roba forte, elementare Watson. Lo Sherlock Holmes
a stelle e strisce invece ha rilasciato una torrenziale intervista al Foglio,
per distillare il frutto della sua preziosa ricerca. Cogliamo fior da fiore.
«In azione con
Mani pulite c'erano gli stessi magistrati di Magistratura democratica che due
decenni prima avevano dichiarato le loro intenzioni, usare la magistratura per
portare una rivoluzione in Italia». Purtroppo, Mani pulite la avviò Di Pietro,
che non era iscritto a nessuna corrente. Davigo è iscritto alla corrente
più
conservatrice, Magistratura indipendente («risulta possedere un pensieri
politico autoritario», chiosa amabilmente il Burnett). Colombo e D'Ambrosio,di
Magistratura democratica, non hanno mai teorizzato la rivoluzione. Borrelli
lasciò Md alla fine degli anni `60 proprio in polemica con quei quattro gatti
che teorizzavano la rivoluzione. Tiziana Parenti entrò di lì a poco in Forza
Italia.
«Certo, c'erano
anche quelli che in Italia... capivano tutto, ma rimasero in silenzio». Già, in
fondo si era in pieno Terrore, si rischiava la pelle a parlare. Fra quelli. che
avevano capito tutto, ma temendo rappresaglie dicevano tutt'altro, c'erano
probabilmente anche Feltri padre, che esultava ad ogni scatto di manette, e
soprattutto il cavalier Silvio Berlusconi, che con le sue tv e i suoi giornali
e le sue uscite pubbliche inneggiava ogni santo giorno al pool Mani Pulite,
contribuendo così al complotto demoplutokomunistamerikano. Ma questo il
professor Burnett non lo dice: non sta bene, proprio sul Foglio poi.
«Non era
assolutamente nelle mie intenzioni ‑ precisa il cattedratico ‑ fare una ricerca
per cercare di agevolare Berlusconi». Infatti, per rendere la ricerca più
obiettiva e imparziale, Stanton Burnett l'ha condotta in tandem con Luca
Mantovani, «ricercatore abilissimo». Ma anche capoufficio stampa di Forza
Italia. Un altro storico super partes.
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