Ieri sono stato a trovare un amico in
ospedale, operato il giorno prima per la rimozione della colecisti.
Il giorno dell'intervento gli avevano applicato un apparecchio per
l'analgesia continua. La mattina seguente l'avevano staccato. Il
pomeriggio aveva dolore. Nonostante ripetute richieste l'infermiere
di turno si rifiutava di praticargli altro analgesico e/o chiamare il medico di turno per sottoporgli la cosa. Ma son convinto
che anche chiamando il medico il dottore avrebbe detto che il
mio amico doveva sopportare. Nove volte su dieci va cosi.
Parlo per cognizione di causa, visto
che sono un operatore sanitario. Secondo voi è giusto che una
persona debba sopportare il dolore , quando oggi la scienza mette a
disposizioni tecniche e farmaci per ogni situazione ed esistono
pochissimi casi in cui è impossibile intervenire sul dolore? A mio
avviso assolutamente no. E credo che una larga maggioranza di persone
sia d'accordo. Ma perchè avviene questo?
L'Italia è la più indietro nelle
terapie del dolore. Non è un caso che ultimamente il S.Raffaele di
Milano, dovendo tagliare le spese di gestione, ha chiuso il reparto
di terapia del dolore.
Un problema grosso è che scontiamo il retaggio della cultura
cattolica, che assegna una funzione salvifica alla sofferenza.
La
Bibbia, il modo in cui è stata interpretata, dice che la donna
partorirà con dolore. Cosi il dolore assume una rilevanza metafisica
quasi, e
non è più il semplice effetto di una malattia o di un trauma. Non è
più un evento che si
può e si deve combattere.
Moltissimi studi affermano che
combattere il dolore è spesso essenziale, nella guarigione. In molti
casi
il dolore non è più il sintomo, ma diviene la malattia. Pensiamo al
dolore cronico, ed al decadimento psicofisico del soggetto che
questo comporta. Anche nello studio dei malati terminali, si è visto
che il dolore contribuisce molto all'evoluzione rapida e nefasta
della malattia. Un individuo in preda a dolori forti e costanti, ad
un certo punto invocherà la morte come liberazione. Se invece si
riesce ad abolire il dolore si assiste ad un recupero del soggetto
che riprende vitalità. Ed oggi più nessuno nega le implicazioni
tra mente e corpo e tutti riconoscono che nelle malattie gravi la
risposta del soggetto sia spesso essenziale per la guarigione.
L'altro problema è che
l'antidolorifico per eccellenza è la morfina ed i suoi derivati. Che è una "droga",
personificazione stessa del demonio. Eppure pochi farmaci hanno
l'efficacia della morfina, dei suoi derivati e degli oppiacei in
genere. Voglio dire che nessun altro farmaco raggiunge il proprio
scopo con la stessa efficacia della morfina. Essa è sicuro che nel
quasi totalità dei casi abolirà il dolore, qualunque dolore. fa
parzialmente eccezione il dolore neuropatico, ma si sta provando con
ottima efficacia un altro derivato della morfina, l'ossicodone,
non ancora disponibile in Italia.
Per il fatto che la morfina è
considerata una "droga" e non un farmaco (che come tale ha
indicazioni, controindicazioni, effetti colltarali come tutti gli
altri) spesso sentiamo dire che deve essere usata "con
attenzione" in quanto induce tolleranza e dipendenza, per cui
"è meglio non usarla". Ma anche questo è un falso problema. La tolleranza
è
quel fenomeno per cui nell'uso prolungato l'organismo si "abitua" al
farmaco per cui è necessario aumentane la dose per ottenere gli
stessi effetti.
La dipendenza è il fenomeno per cui
dopo un certo periodo di uso di determinate sostanze l'organismo non
riesce più a "farne a meno" andando incontro. in caso di sospensione
brusca, a sindromi di astinenza, che variano a seconda dei farmaci
usati. Ritengo qui inutile spiegare i complessi meccanismi alla base
di tali fenomeni, perchè mi interessano altri aspetti.
Basti sapere per quanto riguarda la tolleranza essa
si instaura solo un tempo abbastanza lungo e spesso la necessità di
aumentare il dosaggio sembra più legata all'aumento del dolore per
l'aggravarsi della malattia, soprattutto nelle forme tumorali.
Per quanto riguarda la dipendenza,
nella pratica l'instaurarsi di dipendenza da un oppiaceo,
soprattutto dalla morfina per un uso terapeutico, è piuttosto raro.
Infatti differentemente dall'uso, diciamo cosi, voluttuario,
cioè legato al piacere, alla gratificazione, nell'uso terapeutico
il legame è col dolore. Scomparso il quale il soggetto non sentirà
alcun richiamo, usando la precauzione di sospendere il farmaco
gradatamente.
Ma a anche se dessimo per scontato il
rischio di indurre il soggetto alla dipendenza, sarebbe questa una
preoccupazione valida a limitare l'uso della morfina in malati
terminali che hanno magari aspettative di vita di pochi mesi? Che
vuoi gliene freghi al paziente della dipendenza, in qualunque caso
spetterebbe a lui se correre il rischio o meno, una volta reso
edotto. Eppure quante volte sentiamo dire dai medici, con aria grave
, che "non la morfina bisogna andarci piano, perchè induce
dipendenza". Ho avuto diversi scontri con medici che negavano
la morfina a malati terminali perchè "gli fa male".
Che male peggiore della sofferenza per
dolori atroci può incorrere ad un malato terminale? E che male può
incorrere ad un qualunque paziente affetto da dolore grave per
un'unica o un paio di somministrazioni?
Quindi il problema può essere solo
culturale, di cattiva informazione. le leggi non aiutano, dato che
il meccanismo di prescrizione della morfina, catalogata come
stupefacente, è farraginoso. Il medico ne dovrebbe avere una
disponibilità molto maggiore, con procedure semplici. Insomma
dovrebbe bastare una sua semplice prescrizione come per gli altri
farmaci e non la compilazione di appositi ricettari, registri di
carico e scarico ecc ecc.
Noto anche che per molti altri farmaci
che inducono tolleranza e dipendenze certe e ben più gravi degli
oppiacei, questi discorsi non vengono assolutamente, o solo raramente
, presi in considerazione. Avete mai visto un soggetto in crisi di
astinenza da
benzodiazepine, o altri psicofarmaci? Vi assicuro che
la crisi di astinenza provocata dagli oppiacei è una sciocchezza a
confronto. Eppure non si trova un medico che rifiuti di prescrivere,
per qualche banale disturbo del Valium, del Tavor o medicinali
simili.
Questa miscela di cultura cattolica e
cattiva letteratura ha fatto si che l'Italia è all'ultimo posto
delle classifiche per cure palliative e terapie del dolore. Due
numeri per rendere chiara la cosa: solo il 3% dei malati terminali
riceve cure adatte ad alleviare il dolore; la morfina rappresenta
solo lo 0,30 % della spesa nazionale per farmaci, nonostante sia un
farmaco, preferendo usare altri farmaci che costano di più, hanno
effetti collaterali enormi ( pensiamo ai fans) e sono molto meno
efficaci....
Perciò a mio avviso è indispensabile
che si possa incominciare a discutere di queste realtà senza
approcci ideologici, senza lo schermo del vaticano, senza intenti di
propaganda politica. Un salto culturale enorme per una paese
ipocrita e bigotto come questo.
Un paese dove una fortissima
criminalità organizzata che fa soldi a a palate con il traffico di
droga è una lobby potentissima perchè si mantenga il regime
culturale e giuridico del proibizionismo. Senza il quale vedrebbe
drasticamente ridotti i suoi profitti.
giuseppe galluccio 13/5/06
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