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I FURBETTI DEL QUARTIERINO

 

la Repubblica  11-04-2005 33

Berlusconi a Fiorani : "Tranquillo sulla scalata"
Nei verbali spuntano Previti, Dell'Utri e Tremonti
ORIANA LISO -  FERRUCCIO SANSA
MILANO - «Stai tranquillo per la scalata Antonveneta». Parola di Silvio Berlusconi. Il destinatario del messaggio è nientemeno che Gianpiero Fiorani. È solo uno dei passaggi, il più importante forse, dei verbali dei tredici interrogatori dell'ex manager di Bpi nel carcere di San Vittore.
Ore 15 di ieri, le urne chiudono. Ma a leggere i verbali degli interrogatori di Fiorani (che sono alla base dell'ordinanza del gip Clementina Forleo sulla scarcerazione dell'ex banchiere) si capisce subito perché, da mesi, i pm Eugenio Fusco, Francesco Greco e Giulia Perrotti abbiano cercato di non far trapelare prima del voto una parola degli interrogatori dell'ex numero uno di Lodi. I nomi dei politici, chiamati in causa a vario titolo, sono tanti. E molto pesanti: Berlusconi, innanzi tutto, ma anche Calderoli, Tremonti, Dell'Utri, Previti, Grillo, Tarolli, Brancher, Bonsignore, Palenzona. Solo per ricordare i più noti. Alcuni vengono citati soltanto per comportamenti censurabili, altri invece hanno preso soldi. Sì, le classiche mazzette, in perfetto stile Prima Repubblica. Per capire come funzionava basta leggere il verbale di Silvano Spinelli, uomo di fiducia di Fiorani: «Esisteva una cassa nera dove finiva la parte delle plusvalenze che ritornava a Fiorani e Boni. Il 40%, veniva utilizzato per pagare cash i politici. Per garantirci protezioni politico-istituzionali arrivammo a spendere otto milioni di euro».
I personaggi coinvolti? Quasi tutti del centrodestra. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi viene citato spesso. Fiorani lascia intendere che il Premier era a conoscenza del piano di scalare Antonveneta, addirittura dall'estate 2004: «Andammo in Sardegna a trovare Berlusconi a Villa Certosa. Era il giorno di San Lorenzo nell'agosto 2004. C'eravamo io, Previti e Berlusconi con le nostre mogli. Prima di pranzo ci riunimmo e io mostrai a Berlusconi delle diapositive per illustrargli l'operazione Antonveneta». Ma l'ex re di Lodirivela un episodio ancora più pesante: «Incontrai Berlusconi in una seconda occasione, al Salone Nautico di Genova nell'ottobre 2004, e lui volle sapere che cosa avevo detto ai magistrati che mi avevano interrogato per la questione Hdc. Voleva sapere se Crespi aveva bobine con registrazioni. Gli dissi: "Stia tranquillo". E lui rispose: "E lei stia tranquillo per la scalata"». Insomma, Berlusconi chiede informazioni su un altro processo
che lo riguarda. Fa domande a un testimone e, stando al racconto di Fiorani, dopo essere stato rassicurato, fa una promessa al numero uno di Lodi. Non basta: «Ci rivedemmo ad Arcore tra dicembre e gennaio del 2005», racconta l'ex numero uno di Lodi. Poi avvenne il "Patto dello Sciacchetrà", come lo definisce Fiorani: «Lo chiamammo così dal nome del vino che Fazio portò a Berlusconi a Palazzo Chigi. L'accordo fu siglato durante quell'incontro. Grillo -svela Fiorani- disse che era importante un accordo politico con il Governo perché si arrivasse a un mandato a vita del Governatore mantenendo tra le competenze di Bankitalia anche la vigilanza sulla concorrenza. In cambio Fazio avrebbe dato il suo ok ai conti pubblici senza criticarli». Un vero e proprio patto politico segreto tra Fazio e Berlusconi.
Ma molto scomoda è anche la posizione del ministro dell'Economia: «A Tremonti ci pensò Gnutti, tramite Claudio Zulli», il commercialista che si appoggia allo studio Vitali Romagnoli Piccardi (in pratica l'ex studio Tremonti che ha cambiato nome da quando il titolare è diventato ministro). E proprio qui la chiave della questione: «Tremonti -spiega Fiorani- era stato consulente nella vicenda Bell (partecipata da Gnutti, ndr). L'interessamento di Tremonti per Antonveneta era per me importante. Così nel febbraio 2005 Tremonti disse a Gnutti: "Figurati se vado contro i miei clienti"». Un'affermazione che colpisce, soprattutto all'indomani del recente impegno di Bell a pagare una maxi-parcella proprio agli studi Zulli e Vitali Romagnoli Piccardi (exTremonti).
Ma Fiorani fa un elenco preciso anche dei politici che hanno ottenuto soldi da Lodi. C'è anzitutto il forzista Luigi Grillo (indagato per concorso in aggiotaggio) vicinissimo a Fazio: «Grillo fu "ringraziato" con 200.000 euro - rivela Fiorani - Di questa somma 100.000 euro furono girati a Marcello Dell'Utri che insieme a Cesare Previti fece lobby a favore di Fazio. Grillo ottenne operazioni sicure su derivati. Dell'Utri mi disse: "Ci dobbiamo incontrare perché la debbo ringraziare"», ha raccontato Fiorani in un interrogatorio. Ridimensionando poi in parte le accuse in un secondo tempo. Anche Previti doveva essere ricompensato, ma non in denaro: «Chiese che suo figlio Stefano diventasse consulente legale della Banca Popolare di Lodi».
Gianpiero Fiorani accusa anche l'ex ministro alle Riforme, il leghista Roberto Calderoli: «Ottenne soldi due volte: prima 200.000 euro consegnati tramite un nostro dipendente, Donato Patrini, poi altri 100.000 in occasione di un incontro a Lodi. Calderoli era
venuto in città per un comizio politico e io gli consegnai il denaro. Ma lui non mi ringraziò nemmeno». A fare da tramite era stato Aldo Brancher. Anche lui, sostiene Fiorani, debitamente retribuito: «Brancher era fondamentale perché teneva i rapporti tra Forza Italia e Lega. Nel 2003 ottenne un'erogazione sul conto della stia compagna, Luana Maniezzo. Nel 2004 invece ottenne 100.000 euro a mano nel mio ufficio. Altri 100.000 euro gli furono consegnati a Lodi nel 2005». Cifre anche non altissime, magari mascherate: «Ivo Tarolli ottenne 40.000 euro, sotto forma di pagamento di una pubblicazione». Nel centrosinistra spunta il nome di Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit: «Fu pagato perché svolse azione di lobby, ci doveva mettere in contatto con La Malfa, Patria e Cossiga. In cambio Fazio lo fece entrare nel cda di Mediobanca».
Denaro, scambi di favori, poltrone. E un sottobosco di nomi: c'è Riccardo Pedrizzi, senatore di An, che «si era preso il compito di parlare con il presidente della Consob. Un giorno - racconta Fiorani - lo andammo a trovare al Senato e lui chiamò Cardia, davanti a noi, raccomandando la nostra banca e l'operazione che volevamo compiere».
Di sicuro Fiorani era un habitué dei Palazzi della politica. Boni, nonostante la tensione degli interrogatori, si lascia scappare una battuta: «Mi ricordo la visita al Senato. Era incredibile, tutti conoscevano Fiorani, lo salutavano, lo riverivano. Lo trattavano come fosse Pera».
 

                

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