Oggi 5 maggio 2006 è un gran giorno
per il paese.
La Corte di Cassazione ha confermato
la sentenza di condanna a Cesare Previti
per la vicenda IMI-SIR. Pena ridotta a 6 anni ( invece dei 7
dell’appello). La sentenza boccia pure l’assoluzione in appello per
la vicenda Mondatori. La Corte, accogliendo le tesi dell’accusa,
stabilisce che vi fu corruzione ed il processo è da rifare.
Questa sentenza ha un valore enorme.
Sicuramente c’è l’umanissima voglia di vedere punita l’arroganza
dell’uomo che, quando la destra vinse le elezioni, sentenziò: “ Non
faremo prigionieri”. Per una sorta di contrappasso oggi è lui
prigioniero. Prigioniero delle tante nefandezze commesse.
Ma la cosa realmente importante è che
il potere politico ha perso la sua battaglia per scardinare i poteri
di controllo.
I moderni stati democratici si
reggono tutti sul principio basilare della separazione dei poteri.
Ogni potere ha un suo preciso limite in un diverso potere che lo
argina.
Alla tripartizione classica tra potere
legislativo (parlamento) esecutivo (governo) giudiziario
(magistratura), nelle democrazie avanzate se ne è via via aggiunto
un quarto: l’informazione, che rappresenta l’opinione pubblica.
Negli anni di Berlusconi abbiamo
assistito all’ascesa di un uomo con un enorme potere economico, che
controllava l’informazione direttamente ( Mediaset) o indirettamente
(la Rai in quanto titolare del potere esecutivo) e che di fatto
controllava il potere legislativo, attraverso un parlamento composto
da suoi avvocati, famigli, dipendenti (uomini di Pubblitalia).
Rimaneva libero il solo potere giudiziario, che in questi anni è
stato vittima di attacchi sempre più feroci, tesi a delegittimarlo e
a scardinarlo dalle fondamenta.
Le televisioni di Berlusconi hanno
condotto una campagna feroce contro la magistratura, con il
risultato che i cattivi non erano i ladri ed i corrotti, ma i
giudici che volevano perseguire questi ultimi.
Mentre in parlamento gli avvocati di
Berlusconi, tra cui lo stesso Previti, scrivevano leggi ad personam
tese a salvare il culo agli imputati eccellenti.
L’azione condotta richiama alla
memoria il Piano di Rinascita democratica di
Gelli, capo della
P2, associazione sovversiva di cui Berlusconi
(e parte del suo governo) hanno fatto parte.
L’idea portata avanti da Berlusconi in questi anni è che gli eletti
dal popolo (gli Unti) non rispondevano ad altro giudice che non al
popolo, che li aveva eletti sapendo delle inchieste, e per questo li
aveva “assolti”.
Capiamo tutti quanto sia eversivo
questo pensiero, e quanto sia destabilizzante per un paese.
L’idea che i potenti non rispondono
alla giustizia, che non tutti i cittadini sono uguali davanti alla
legge, mette in discussione il sistema giudiziario e quindi
l’organizzazione dello stato. L’idea che il potere politico non
risponde ad alcun potere di controllo significa la morte dello Stato
democratico cosi come lo concepiamo.
Uno stato dove un solo potere
prevarica gli altri è di fatto un regime.
Per fortuna la battaglia Berlusconi ed
i suoi complici l’hanno persa.
Non sono un forcaiolo, giustizialista,
comunista, che vuol vedere la gente in galera.
I magistrati spesso sbagliano. Il
sistema andrebbe riformato seriamente. Ma questo non lo poteva fare
un imputato, qual è Berlusconi, dato che agisce non nell’interesse
generale del sistema e quindi del paese, ma nell’interesse suo
particolare. Certo rischio che il potere giudiziario diventasse
troppo grande, annullando esso gli altri poterei c’è sicuramente
stato. Per fortuna la magistratura ha saputo non eccedere il suo
ambito. Inoltre le responsabilità di qualche invasione di campo
della magistratura, sono da ricercare nella pochezza della politica.
Incapace dal dopo tangentopoli di avviare quel processo di
moralizzazione e di riforma di se stessa che era ed è
indispensabile. Cosi la magistratura ha finito per svolgere un
potere di supplenza che a volte ha portato ad eccessi.
Ma la classe politica, generalmente
poco credibile, ancora non è cosciente della sua pochezza, e la
volontà di riforme vere non si vede ancora.
Nelle vicende Parmalat e
Antoveneta abbiamo visto
quanto la politica sia incapace di intervenire. C’è voluta la
magistratura per mandar via Fazio, mentre sarebbe stato compito
della politica fare pulizia ai vertici di Banca Italia.
Che il comportamento di Fazio fosse
fuori dalle regole, era sotto gli occhi di tutti. Pure la politica
non si è mossa per tempo, finchè la magistratura ho dovuto sopperire
per risolvere una vicenda ormai incancrenita.
Il cambio del governo sicuramente
avvierà un cambio di segno nei rapporti tra politica e magistratura.
Ma il cambio di segno andrebbe portato avanti, fino al compimento di
riforme indispensabile per il paese.
Nel concreto basterebbe sul versante
politico una legge che impedisse la candidatura a chi è condannato ,
soprattutto per reati contro la PA, oltre che per quelli più gravi.
Sul versante giudiziario si dovrebbe
operare nel senso della riduzione dei tempi processuali e magari
della separazione delle funzioni ( non delle carriere).
Ma è un ‘altra storia.
Ritornando a Previti si sono levati,
dalla sua difesa, la solita tiritera della sentenza politica. Solo
la malafede e gli interessi privati possono fare affermare
sciocchezze del genere. Previti, negli oltre 10 anni di processo è
stato giudicato da varie corti, da Gip, Gup, da varie sezioni della
cassazione per le continue ricusazioni (7 mi pare), in diversi
distretti giudiziari. Tutti alla fine hanno concordato sulla sua
colpevolezza. Ora sostenere che una cinquantina di giudici sia
pregiudizialmente nemica di Previti è sicuramente un ‘enorme
sciocchezza che non sta né in cielo né in terra.
La difesa di Previti ha anche
dichiarato “ E’ stato lasciato solo”.
Bugia perché la passata maggioranza ha tentato in tutti i modi di
salvarlo, senza riuscirci. Un po’ perché le prove dell’accusa erano
troppo solide e circostanziate, un po’ per l’insipienza giuridica
stessa della destra che spesso ha adottato leggi ad personam che si
sono rivelate poi inefficaci in quanto scritte male, o sterilizzate
dalle varie corti di grado più alto, sempre perché non erano
univoche.
Insomma non solo hanno provato a
stravolgere il sistema giuridico del paese, ma beffa delle beffe per
loro, nonostante l’enorme potere di cui disponevano si sono
dimostrati incapaci di scrivere delle leggi “decenti” che servissero
ai loro scopi.
Delinquenti e incapaci, come spesso
accade.
L’arresto di Previti può aprire
scenari imprevisti. L’uomo è depositario dei più neri segreti di
Berlusconi, vistosi perso potrebbe tentare l’estrema carta
dell’accusa verso i suoi complici, tirandosi dietro anche Berlusconi,
al sua banda e le sue imprese. Dio lo voglia, pregandolo di scusarmi
per la blasfema chiamata in causa!!!
Giuseppe
Galluccio 5/5/06
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