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VITO ALFREDO

 

Questo sotto è uno dei casi più singolari. Un corruttore confesso che finisce membro di una  delicatissima commissione d'inchiesta (Telekom Serbia) Della serie hanno la faccia come il c....

 

Su Repubblica del 26/2/06, Alfredo Vito, elogia  l'ex questore Malvano il candidato di FI  a sindaco di Napoli in  questo modo:
" Malvano è il candidato che serve a Napoli per restituire fiducia alla gente. In questa città il crimine dilaga, la trasparenza e la legalità amministrativa sono ricordi lontani, con Malvano metteremo tutto a posto".
Per chi non sapesse o non ricordasse chi Alfredo Vito è un
ex democristiano,  oggi deputato di FI. Era noto col soprannome di "Mister 100mila preferenze". Coinvolto nella Tangentopoli napoletana, confessa, patteggia 2 anni (restituendo 5 miliardi), si pente e giura: "Questo segna la fine della mia attività politica".  Poi fa parte della commissione Telekom Serbia ed è  quello che porta i faccendieri, gli spioni ed i mestatori a testimoniare contro Prodi.
C'hanno la faccia come il culo.

pummarulella

 


Devo dire subito che ho conservato tutti i miei dubbi sull'affare Telekom Serbia. E che aspetto ancora qualcuno capace di farmi cambiare opinione su quel contratto e sul suo contesto. Semmai, a proposito di dubbi, ne ho uno in più. Non riguarda il passato, ma l'oggi. E ha per oggetto una presenza per me speciale nella commissione Tks: quella di un deputato di Forza Italia, Alfredo Vito, anni 57, eletto nel collegio di Gragnano con 35.007 voti, il 42,6 per cento.Posso dire che Vito, chiamato a Napoli "don Alfredo 'O Prevete", il prete, è una mia vecchia conoscenza? Ma sì che posso dirlo, anche se l'ho incontrato una volta sola, però indimenticabile. Correva l'anno 1993 ed era la fine di marzo, tredici mesi dopo l'inizio del ciclone di Mani pulite. All'interno di Tangentopoli stava emergendo Vesuviopoli. E fra tutti i protagonisti spiccava, per l'appunto, Vito. Deputato dicì. Uomo di Antonio Gava. Supervotato a Napoli e noto come Mister Centomila Voti. E soprattutto il primo parlamentare pentito di quel fine-regime. Si era offerto lui ai giudici. Aveva confessato storie sporche. Si era dimesso dalla Camera. Il tutto, sosteneva, per aver scoperto, sia pure molto in ritardo, il fascino dell'onestà.
Sudando un po' di camicie, lo convinsi a farsi intervistare per 'L'espresso'. E il martedì 23 marzo c'incontrammo in un hotel di Napoli. Lo trovai come l'avevo immaginato ascoltando la sua voce al telefono. Piccoletto. Gommoso. Sudato. Impaurito. Ma anche scaltro, scaltrissimo. Impermeabile. Dialettico. Astuto nei silenzi come nei messaggi diretti a chi sapeva lui.
A sentire gli imprenditori napoletani che sfilavano davanti ai giudici, Vito era una delle cavallette più voraci nell'assalire le imprese per spolparle. Una sanguisuga per conto di Mamma Dc. O di alcuni dei clan politico-personali che sotto il Vesuvio alzavano le insegne della Dc. Mi raccontarono, in seguito, che aveva incassato dei miliardi. Eppure, visto da vicino, aveva l'aspetto del Signor Nessuno. Lì per lì, mi ricordò uno di quei personaggi che s'incontrano nei romanzi di Le Carré. Ometti grigi, topolini in bombetta, ombre più che figure. Poi giri la pagina e scopri che comandano un pezzo dei servizi segreti di Sua Maestà.
In quel marzo del Novantatré, Vito ormai comandava soltanto su se stesso. Aveva parlato con la procura di Napoli e dunque, per i ras partitici, non era più niente. Anzi, era ben di peggio: un Niente con l'Aids del pentitismo. Tuttavia, l'ex-Mister Centomila Voti appariva contento del suo passo.
Dettato, mi giurò, da una crisi di coscienza. E dalla convinzione che un'epoca politica era finita, travolta dalle proprie nefandezze.
Sempre più sudato, centellinando le risposte, spiegò: "Allora mi son detto: Alfredo, è tuo dovere farti da parte. Io l'ho fatto. Adesso aspetto gli altri. Anche gli altri politici inquisiti debbono ritirarsi, restituire il maltolto e rinunciare a qualsiasi carica pubblica. Ripeto: io l'ho fatto. E sono l'unico, sinora. L'unico stupido. L'unico pazzo. Ma sono convinto che, di mano in mano che crescerà l'insofferenza della gente, altri miei colleghi mi seguiranno. Vedrà. Non resta che aspettare...".
Una profezia fallace, almeno se si pensa a scelte volontarie. Ma 'O Prevete sembrava sereno. Disse, compunto: "Ho solo voluto rispondere a un'esigenza morale. E chiudere con onore la mia carriera. Una carriera, lo scriva per favore, sempre da vincente. Nel 1987, prima elezione alla Camera con quasi 155 mila preferenze. Nel 1992, seconda elezione a Montecitorio, 104 mila. Che ne dice?".
Gli replicai: "Dico che le tangenti sono un olio che unge tante ruote...". Vito s'indignò quietamente: "Niente affatto! Con le tangenti, semmai, si comprano le tessere. A pacchi interi. Ma i voti è molto più difficile comprarli. Bisogna lavorare per aver i voti. Io ho sempre lavorato moltissimo. Grande capacità di dialogo con la gente, carica di umanità, simpatia, dialogo costante con gli ambienti più diversi: questo è stato Alfredo Vito!".
Fu un colloquio-confessione davvero lungo. E soltanto alla fine, Vito ebbe un moto d'insofferenza, l'unico nel nostro incontro: "Ma insomma, lei che cosa pretende da me? Sono andato dai giudici. Mi sono dimesso. Restituirò i soldi che ho incassato per il partito e per la corrente. Sono rimasto solo. Rischio la pelle. E non ho neppure la scorta. Che posso fare di più?".
Infine concluse, quasi parlando a se stesso: "A Napoli la vecchia classe dirigente sta crollando. Tutta insieme. All'improvviso. Questo mi spaventa. Ci vorrà del tempo prima che emergano nuovi leader. Io non ne vedo in giro. Per chi voteranno i centomila che un anno fa hanno votato per me? Non lo so proprio".
Mi sembrò sincero. E forse, in quel tempo, davvero non lo sapeva. Poi cercò di scoprirlo. Lasciò passare due elezioni, quelle del 1994 e del 1996, e al terzo giro venne rieletto nelle file dei berlusconidi. Non solo, ma quando nacque la commissione Telekom Serbia ce lo misero dentro. Perché era un esperto di tangenti? Ai posteri l'ardua sentenza.

 


 

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